Nello scorso Consiglio Comunale del 19 ottobre 2015, durante il mio intervento sul tema Alluvione, non sono riuscito a completare le argomentazioni perché interrotto in primis dal presidente del consiglio ed immediatamente dopo dal sindaco. Ho sollevato un argomento di vitale importanza che riguarda la sicurezza e la salvaguardia delle vite umane. Tale argomento è stato fatto cadere come piuma nell’assise più titolata a trovare le soluzioni ottimali atte a garantire la sicurezza dei cittadini e non solo.
Ho rivolto delle domande ben precise a cui non ho avuto risposta e ritengo che tali domande se le stiano ponendo e se le porranno tutti gli abitanti delle zone San Nicola ed Ospedale (circa 15.000 – 20.000 abitanti). Mi riferisco al progetto relativo alle vasche di laminazione. La Legge regionale n° 12/2007 impone che già in fase preliminare siano da effettuare verifiche sul campo circa le caratteristiche dei siti e la natura dei terreni, ove gli sbarramenti (vasche di laminazione) dovranno nascere.
Queste cose sono state fatte?
Inoltre, la stessa Legge prevede anche la predisposizione ed approvazione del Piano del Rischio per le zone a valle degli sbarramenti nonché la valutazione di impatto ambientale.
Queste cose sono state fatte?
Risulterebbe che ad oggi, pur mancando questo piano (Piano del Rischio), siano stati già predisposti i progetti definitivi della vasche di Putzolu (20,00 ettari con espropri per 31,00 ettari, capienza metri cubi 350.000); Santa Mariedda (9,20 ettari , espropri per 30,00 ettari, capienza metri cubi 210.000); Via Nervi, fra Nord e Sud (12,00 ettari , espropri per 33,00 ettari, capienza metri cubi 260.000).
Approfondiamo la situazione di via Nervi, inquanto risulta essere la zona più densamente popolata rispetto a quelle di Putzolu e Santa Mariedda, che pur implicano la compromissione di diverse aziende agricole e gravi problemi di sicurezza a valle:
– due vasche di laminazione fra loro comunicanti, della capienza di complessivi mc. 260.000, salvo aumenti. Considerato che l’occupazione di suolo prevista passa da 20 a 30 ettari, dopo essermi reso conto di dove e come scaricano, mi chiedo: gli abitanti delle vastissime zone di San Nicola e dell’intero Quartiere Ospedale, fino a via Galvani, sono a conoscenza delle conseguenze che potrebbero derivare dall’avere, a quota ben più alta delle loro case, uno sbarramento di tal fatta realizzato in terra?
Come è possibile che lo sbarramento a Nord (Abba Fritta), sia di altezza inferiore di quello a Sud (San Nicola) malgrado i due invasi siano fra loro comunicanti (principio fisico die vasi comunicanti)?
Si è poi pensato a cosa potrà accadere all’intersezione degli scarichi di quelle vasche allorché dette operazioni di scarico dovessero avvenire velocemente o in modo accelerato?
Oggi, la risposta, ne sono certo, non potrebbero darmela quei 15 – 20.000 abitantiche vi risiedono, che hanno ricevuto poche informazioni, e visto che le cose che andrò a dire, pur molto delicate, le conoscono in pochissimi. Infatti, nessuno, fino ad ora, ha mai detto che per un invaso di 260.000 metri cubi, il piano del rischio a valle dello sbarramento, su tutto il fronte diga, deve riguardare un’area lunga 2 km e 600 metri, estesa, cioè, fino oltre il ponte a mare del Porto Romano!
Sarà necessario prevedere le modalità di evacuazione di interi quartieri? Cosa potrebbe accadere nell’ipotesi di collasso dello sbarramento? E‘ stato studiato come previsto dalla sopra citata legge?
So che non è facile, per i più, approfondire certi temi ed informare le persone sui rischi. Ma è più facile non sapere o far finta di non sapere. Dobbiamo smettere di essere ipocriti e qualunquisti.
Non c’è niente di male a ravvedersi, soprattutto ora che si ha la conferma che si sta andando incontro a condizioni climatiche sempre più simili a quelle tropicali. Non si deve incappare nell’errore che le tragedie non possano ripetersi se non a distanza di decenni e centinaia di anni. Se qualcosa può andare storto lo farà sicuramente. E noi dobbiamo garantire il massimo della sicurezza alle persone coinvolte.
Che stato d’animo avranno ora gli abitanti dei quartieri San Nicola ed Ospedale? Ora che conoscono un ulteriore rischio a cui vengono esposti oltre quello già duro imposto dalla natura? Cerchiamo di imparare ad ascoltarci. Non si può prescindere sempre da preconcetti che poi pagheranno sempre i soliti inermi cittadini, sia con il denaro, sia con la sicurezza.
Un‘intera città non può convivere con la paura di una catastrofe naturale alla quale si aggiunge quella del collasso di una diga in terra!
Mirko Varchetta, Capogruppo Centro Democratico Sardegna, Consiglio Comunale di Olbia