Un altro grave lutto ha colpito la città di Olbia. Poco fa abbiamo appreso della morte di Tonino Rasenti. Il prossimo 15 luglio avrebbe compiuto 90 anni. E sarebbero stati splendidi e ben portati se solo negli ultimi mesi non si fosse ammalato e, come spesso succede, una malattia ne crea un’altra, fino alla fine.
Pochi giorni fa lo avevo incontrato in piazza e lo avevo invitato a sedersi con me al tavolino ma non aveva accettato e guardandomi dritto negli occhi mi aveva detto: “Non sto bene” e poi un lungo silenzio prima che mi salutasse per l’ultima volta. Era troppo intelligente per non sapere che il capolinea era prossimo.
Volevo bene a Tonino come gliene voleva la sua città che amava profondamente. Anni fa per una trasmissione in diretta lo chiamai perché raccontasse ai microfoni alcuni passaggi storici e sociali di Olbia che ha visto crescere. Lui, nato a Terranova, ha vissuto da bambino la trasformazione in Olbia. Con don Theron Casula si pizzicarono più volte. Per tenerlo calmo ebbi il mio daffare. Fui folgorato dal suo modo di raccontare e, soprattutto, di interpretare fino a sovvertire persino alcuni luoghi comuni.
“Gli olbiesi non sono mai stati mandroni (Scansafatiche) – disse in diretta -. Ci chiamavano così perché si vedevano tanti giovani seduti nelle panchine dei passaggi a livello. In realtà erano lì perché da un momento all’altro arrivavano i caporali per cercare braccia. Altro che sfaticati. Al contrario, erano lì per lavorare”.
Di questi aneddoti Tonino me ne raccontò a decine perché da quel giorno diventammo amici. Un giorno mi disse: “Con tutto il rispetto per la comunità dell’alta Gallura, chiedi a un tempiese cosa significa Pausania…non ti sanno rispondere perché non lo sanno neanche loro. Fu uno scippo conseguente al furto della Diocesi di Civita – mi raccontò -. I timbri ufficiali della città di Olbia recavano le iniziali TP, Terranova Pausania ma quando mons. Capace (maddalenino) decise di spostare la sede del vescovo a Tempio – tieni conto che Simplicio, il martire olbiese, fu il primo vescovo della Sardegna e fondatore per diritto storico della Diocesi di Civita – aggiunsero a Tempio la definizione ‘Pausania’ che geograficamente riguarda Olbia e l’antica vicinissima Fausania. Manco i timbri cambiarono: TP erano e TP rimasero. Giusto per rendere ancora più facile il furto”.
Sempre sui cugini dell’alta Gallura non gli stava affatto bene che si dicesse che la cultura abitava a Tempio e non a Olbia: “Una grande bugia antistorica – diceva Tonino -. Quanto i tempiesi troveranno Gemelle ne riparleremo. Peccato che quella che chiamano “l’antica Gemelle” altro non era che un castra, un accampamento. I romani si fermarono un po’ e poi tolsero le tende e tornarono a Olbia dove vivevano. Peccato che i Romani da noi ci sono stati davvero come Atte, concubina di Nerone che produceva laterizi. e prima di loro i Fenici. La storia e la cultura sono qui, altro che sciocchezze”.
Raccontava queste cose non per becero sciovinismo ma solo per amore della sua Olbia. Nella sua casa mostrava con orgoglio una rarissima mappa medievale delle mura della città con la chiesa di San Simplicio posta al di fuori.
Un giorno, dopo aver più volte protestato e fatto notare che nella via in cui abitava (dietro la chiesa di San Paolo) era comparsa la targa in marmo “Via Civitas” con una “s” di troppo, prese la scaletta e cancellò quella antistorica consonate finale. “Ma che cavolo ‘civitas’ mi aveva detto. Civita era uno dei nomi di Olbia. Cosa c’entra la civitias latina”. Andate a vederla. Credo che sia ancora così.
Con Tonino Rasenti Olbia perde davvero un tesoro. Una ricchezza inestimabile di vivaci testimonianze, non necessariamente scientifiche ma sempre affascinanti e sempre ancorate con la vita vissuta. Era un uomo di grande cultura anche se la sua laurea in Giurisprudenza la mise da parte per occuparsi dei numeri e delle finanze delle sue floride aziende. Ma di certo Tonino non ha mai fatto pesare il suo status. Era innamorato dell’umanità che lo circondava e se volevi chiacchierare con lui bastava cercarlo ai tavolini dei bar della piazza.
Tonino mancherà molto a tutti noi e mancherà tantissimo alla sua signora, Rina, che sposò nel settembre del 1965 e i quattro figli: Pietro, Giuseppe, Simona e Angelica. A proposito di amore, l’amministrazione di Olbia potrebbe ricambiare dedicandogli proprio quella via Civita/s trasformandola in via Tonino Rasenti. Se lo merita.
