Circa un anno fa (settembre 2019), essendomi toccato in sorte di essere il sostituto facente funzioni del Direttore di Area dell’ASSL 2 di Olbia nella fase di passaggio tra le due gestioni, presentai una relazione sui problemi dell’area alla conferenza Socio Sanitaria (presenti anche i consiglieri regionali) riunita presso i locali della ex provincia, integrata come ora dagli interventi dei miei colleghi: a margine di quella relazione il commento della stampa, riassunto nei titoli, fu “una sanità in rianimazione”: la situazione era già gravissima e se la situazione della nostra sanità locale era stata equiparata a quella di un malato grave, la collocazione giusta era il ricovero in rianimazione. Perché era necessaria una cura intensiva, invasiva, rapida e coraggiosa.
Dopo 10 mesi, con l’ultimo colpo assestato dal COVID, potremmo dire che il malato è ulteriormente peggiorato; il passo successivo, se non si migliora, è facilmente immaginabile.
In quella occasione si propose di istruire una “vertenza Gallura” per rilanciare i nostri bisogni a livello regionale, visto che molte delle necessità evidenziate non potevano essere gestite né risolte con le sole forze locali: su questa idea sembrava vi fosse un accordo comune, tanto che vi fu un primo incontro successivo di tipo tecnico.
Poco tempo dopo ricevemmo la visita della Commissione Regionale per la Sanità, alla quale furono ribadite tutte le criticità e reiterate le stesse proposte.
Nulla si è fatto e nulla è accaduto finora e, come lamentato dal Direttore d’Area e dai Direttori dei Reparti negli interventi che sono riportati da Olbianova, l’unica risposta ottenuta sembra essere il silenzio.
Per analizzare le cause tecniche e le singole situazioni sarebbe necessario molto tempo. Evidenzio solo alcuni aspetti.
Leggere che alla nostra area non sono stati destinati posti aggiuntivi di Terapia Intensiva, leggere le polemiche sulla Pediatria, leggere e verificare che la nostra area ed i nostri ospedali sono in crisi profonda per la chiusura di numerosi servizi ed il ridimensionamento di quasi tutti gli altri (nessuno purtroppo parla della Terapia del Dolore, inattiva da gennaio, ben prima dello tsunami COVID, che garantiva un aiuto a centinaia di pazienti su tutto il territorio e sui tre ospedali) è sintomo non solo di disinteresse da parte delle istituzioni regionali, ma anche della scarsa capacità di proporre un progetto condiviso ed unitario per la sanità del nostro territorio, dall’emergenza agli ospedali fino ai distretti.
In questi ambiti abbiamo speso insieme – medici, personale sanitario ed amministrativo – una parte della nostra vita cercando con entusiasmo, fatica e speranza di costruire e migliorare un apparato sanitario che fosse localmente efficiente e valido, integrato in sé stesso ed in un sistema regionale altrettanto funzionale ed efficiente.
Sembrerebbe che alla prova dei fatti i nostri sforzi si stiano dimostrando vani, ma una parte di responsabilità la dobbiamo attribuire anche alla incapacità di agire localmente in maniera unitaria e su un progetto comune.
Le nostre risorse sono sottostimate alle nostre necessità: dobbiamo chiedere più risorse ed una gestione autonoma di esse, non dividerle tra poveri.
In occasione dell’epidemia recente la popolazione ha donato tantissimo agli ospedali, segno di interesse e preoccupazione per una “realtà di tutti”: non basta perciò la mobilitazione dei medici o i presìdi dei politici, è necessario che tutti come cittadini difendiamo la nostra sanità.
Non possiamo essere distratti né delegare ad altri, la spinta della popolazione è fondamentale.
Mi auguro che l’incontro citato non sia uno dei tanti consulti al capezzale di un moribondo; che si inizi una terapia immediata ed efficace. E che si porti avanti con coraggio ed insieme, a tutti i livelli, quella “vertenza Gallura” di cui si parlava.
Franco Pala
Ex primario di Anestesia e Rianimazione Assl Olbia