Un diktat a metà tra un perentorio consiglio e un’implorazione quella lanciata ieri al President Hotel dal deputato leader di Unidos, on. Mauro Pili, in merito alle opere di salvaguardia idraulica firmate dal professor Marco Mancini. “A Olbia – ha sentenziato Pili – è stato scelto il bulldozer anziché il bisturi. Si può intervenire con quelle opere solo se si lavora al di fuori di un centro urbano. Non si può agire con un intervento tanto invasivo che finirà per stravolgere l’intera città. Per questo dico al sindaco ‹Giovannelli fermati› e rivedi tutto. Non si deve demolire ma ricucire.Oltretutto – aggiunge Pili – non ci sono neanche i soldi. Altro che 120 milioni – sostiene l’onorevole – ci sono soltanto 16 milioni che, tra l’altro, se ne andranno in parcelle. C’è un evidente conflitto di interessi per un opera mastodontica che non si potrà mai terminare per mancanza di fondi. Come si sa, le opere pubbliche più costano, più aumentano le parcelle”.
Secondo Tonino Pizzadili “sempre che si riesca a terminare l’opera, e tra ricorsi e controricorsi potrebbero volerci tra i 20 e i 30 anni, occorreranno non meno di 300 milioni di euro. Tre volte la cifra stimata”.
Pili, Pizzadili, Appeddu e Pagano (Unidos) hanno tenuto l’assemblea davanti ad un numeroso e attento pubblico. Secondo il partito dell’on. Pili, il piano Mancini è una iattura per la città.
“Abbiamo circa mezza Olbia vincolata – ha detto Antonio Appeddu – ora si aggiungono 130 ettari di espropri. In molti casi anche dentro lottizzazioni e aziende già strutturate. I danni alla città saranno incommensurabili con 4 laghi e dighe, senza andare ad aggredire il problema del rischio idraulico a monte tentando inopportunamente di risolverlo a valle. Olbia non può recitare il ruolo di cavia per sperimentazioni”.
“Le opere – ha incalzato Tonino Pizzadili – potranno forse essere valide dal punto di vista idraulico ma sono completamente slegate dal territorio. Queste strutture incideranno violentemente sulla qualità della vita dei nostri cittadini perché cambieranno anche le caratteristiche climatiche del territorio. L’allargamento dei canali comporta l’abbattimento di fabbricati, strade, giardini, cortili e parcheggi. Di fatto molte abitazioni si troveranno con i canali a lambire gli usci di casa con le perdita delle pertinenze e il conseguente tracollo del valore dei propri beni. Troppe incongruenze in un piano esagerato, inutile e dannoso: basti pensare che i 41 ettari iniziali di espropri, nella realtà sono diventati 130, 94 ettari per le dighe e 32 per i canali. Altro che 10 milioni di euro. Solo per gli espropri ce ne vorranno diverse decine, e che lo sappiano i privati cittadini: l’esproprio è equiparato alla vendita e, come tale, sarà tassato dallo Stato”.
Per Mauro Pili il professor Mancini “sarà un luminare ma sbaglia nell’ABC. Dimentica che occorre curare la montagna per mettere al sicuro la valle. Olbia ha un’amministrazione incapace con un sindaco che non ha l’autorevolezza per capire che la cosa non funziona anche dal punto di vista economico. Per questo diciamo: ‹Fermati Giovannelli› Perché sarai ricordato come il sindaco che ha devastato la città senza risolvere il problema del rischio idrogeologico”.
Il dibattito è proseguito con l’intervento di alcuni politici come Marco Piro (Forza Italia), Marco Balata (L’altra Olbia), il presidente del comitato di Salvaguardia Idraulica, Felice Catasta e comuni cittadini.