Per scoprire il volto dell’archeologo e ispettore d’antichità Pietro Tamponi siamo andati a trovare il pronipote Giannello nella villa della famiglia Tamponi, originaria di Tempio e trasferita nell’Ottocento a Terranova, l’attuale Olbia. Dell’illustre antenato non esistono foto ma solo un ritratto. E’ custodito nella splendida dimora ottocentesca, edificata dal fratello più grande di Pietro, Giovanni Battista Tamponi, Agente Generale di Navigazione e proprietario terriero che, a quell’epoca, rappresentava i Consolati Inglese e Francese. “Qui è cresciuto ed è morto nel 1898 l’archeologo Pietro Tamponi, fratello di mio nonno – racconta Giannello -. Gli fu fatale, a soli 48 anni una polmonite contratta durante gli scavi a San Simplicio.
Io l’ho conosciuto attraverso i ricordi della figlia Nica che ha vissuto sempre in casa nostra, a Olbia. Nel 1936, lei ha donato alla Biblioteca Universitaria di Cagliari, un plico contenente la corrispondenza di suo padre con personaggi di spicco della cultura italiana ed europea. C’erano, tra l’altro, le lettere autografe di Giuseppe Garibaldi e di Victor Hugo, indirizzate a Pietro Tamponi, noto per le traduzioni dall’inglese delle opere di Pope, Moore, Byron e Bacone oltre che per gli scavi archeologici condotti nel territorio di Olbia. Conosceva molto bene l’inglese, il francese e il tedesco. Intensa è stata la sua collaborazione, nell’ambito della storia dell’antichità, con studiosi di altissimo livello come Theodor Mommsen, Christian Hülsen, Ettore Pais. L’amicizia tra Pietro Tamponi e Giuseppe Garibaldi, entrambi massoni e anticlericali, si fondava su ideali comuni ed aveva radici lontane visto che, a soli sedici anni, Pietro era fuggito dal collegio di Pistoia dove i genitori lo avevano mandato per compiere studi umanistici, e si era arruolato nell’esercito garibaldino”.
Entrando nella villa due grandi affreschi, danneggiati dai militari che in tempo di guerra requisirono l’edificio, ci riportano alla Terranova di un tempo. Nel parco che si affaccia su viale Principe Umberto, a pochi passi dal Porto Vecchio, si possono ancora ammirare quattro cippi miliari rivenuti dallo stesso Pietro Tamponi fondatore del Museo epigrafico di Olbia nella Basilica di San Simplicio. Fortunate circostanze fecero in modo che i lavori per la costruzione del primo tratto della ferrovia Olbia-Chilivani e di parte del porto si effettuassero in terreni di proprietà della famiglia Tamponi e che lo stesso Pietro assistesse al rinvenimento di vestigia di notevole interesse.
Grazie alle sue segnalazioni venne ben presto nominato al posto dell’allora fiduciario di quella che oggi sarebbe la Soprintendenza ai Beni archeologici. Questa aveva dato prova di estrema trascuratezza nello svolgere il proprio incarico; da allora il Tamponi si prodigò per tutelare e valorizzare il patrimonio artistico. Contribuì alla rinascita della basilica di San Simplicio e memorabile fu la sua disputa con la Curia tempiese per la titolarità delle chiavi dell’edificio di culto. Si impegnò a raccogliere il maggior numero di reperti possibile con l’intento di studiarli (famosa è la sua pubblicazione «Silloge epigrafica olbiese») e di esporli. Nel 1923 l’importante ruolo svolto da Pietro Tamponi è stato evidenziato da Antonio Taramelli nella Cronaca curata dalla Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti. L’argomento trattato è “Il ripristino del Museo Lapidario Olbiese nella Chiesa di San Simplicio in Terranova”.
Questo è un breve stralcio: “…La grande guerra mondiale aveva prodotto gravi danni anche alla chiesa di San Simplicio di Terranova, vetusta costruzione romanica, ed alla collezione epigrafica che in essa era raccolta. Per quanto lontana dal teatro delle operazioni terrestri, la chiesa era prossima ad uno dei punti più importanti di movimenti di truppe e di materiali che dalla fiera e patriottica isola si dirigevano verso le zone di operazione terrestre e navale; per tal modo la chiesa, che era già stata improvvidamente usata dall’autorità Comunale come lazzaretto di colerosi, fu trasformata in dormitorio militare, con la conseguente demolizione ed accatastamento di tutto il materiale lapidario che il comm. Pietro Tamponi, per un ventennio ispettore dei monumenti dell’Agro Olbiense, ivi aveva con tanto studio e generoso sacrificio raccolto ed ordinato. In seguito la chiesa venne adibita a grande magazzeno di legnami da costruzione, in modo che quando si ottenne che questo fosse rimosso e la chiesa riconsegnata al Comune, essa aveva i più gravi danni alla copertura ed ai pavimenti, le pareti imbiancate a calce, porte e finestre nel più misero stato. Altri danni subì la collezione epigrafica quando si ripararono i pavimenti di tutta la chiesa, ed essa fu esportata e lasciata per lunghi mesi all’esterno, in attesa che fossero a disposizione i mezzi per il ripristino dell’ antica raccolta…”
Negli anni Sessanta, su iniziativa dell’allora sindaco Saverio De Michele, l’amministrazione comunale olbiese ha intitolato a Pietro Tamponi, una strada (una traversa di via Roma) nel rione Sacra Famiglia. (Foto in fondo all’articolo)