C’erano una volta le correnti, le faide, i documenti contrapposti, i furiosi colpi di giacca tra Giampiero Scanu e Silvio Lai nella sede di via Roma. E poi le liste civiche camuffate, le famose “prove di dialogo”, le tregue precarie e le spaccature sistematiche. Oggi, almeno a parole, nel Partito Democratico di Olbia è cambiato tutto. E anche se non fosse proprio così, l’importante è che sia stato detto in una conferenza stampa. “Siamo più uniti che mai – dice Giuseppe Meloni, presidente regionale del PD –. Siamo il primo partito in città e vogliamo guidare una coalizione ampia e competitiva alle prossime amministrative”.
Il simbolo, quello ufficiale, con le due lettere verdi e rosse, torna in primo piano. Basta travestimenti civici, basta strategie mimetiche. Il partito si ripresenta per quello che è, senza filtri, convinto che l’unità possa durare più di due stagioni. In cammino verso Olbia 2027, con un passo più spedito del resto del gruppo, c’è una ex PCI e due ex DC: una fotografia che, fino a pochi anni fa, sarebbe apparsa surreale.
Eppure, la politica olbiese ha buona memoria. Sa bene che tra un’elezione e l’altra le scissioni hanno spesso fatto più rumore dei programmi. Chi non ricorda i PD1, PD2 e PD3 divisi come i canali Rai. L’unità, da queste parti, è più una fase atmosferica che una struttura stabile. Una meta da raggiungere prima delle urne e da ridiscutere il giorno dopo. “Ma questa volta è diverso” giurano i protagonisti, con la faccia di chi ha imparato la lezione. “Siamo tornati a fare squadra. E non solo per vincere ma per costruire un progetto stabile e duraturo”.
La strategia è chiara: chiudere la stagione delle liste civiche e rilanciare una coalizione classica, da sinistra a centro, con un candidato condiviso e, possibilmente, competitivo. Il nodo però resta. Sarà una figura espressione del territorio o, ancora una volta, un nome esterno calato dall’alto? A parte la parentesi di Carlo Careddu, dal 1995 in poi – da Giommaria Uggias a seguire – la tradizione ha spesso parlato forestiero.
Intanto si discute anche del futuro della Provincia, con il rinnovo del consiglio che potrebbe arrivare già a settembre. Tra i nomi in ballo per la presidenza spunta Rino Piccinnu, oggi commissario dell’ente e, di fatto, titolare senza investitura della fascia azzurra che esibisce ogni volta che può. Una candidatura ancora tutta da definire, in una partita in cui i pesi politici regionali avranno un ruolo decisivo.
Nel frattempo il PD resta l’unico soggetto politico in città a convocare conferenze stampa più o meno regolari, a rispondere alle domande, a produrre numeri, valutazioni e controanalisi. A volte con toni trionfalistici, altre con una certa dose di autoironia. “Ci accusano sempre di litigare troppo – dicono –. Ma almeno da noi c’è confronto”. Dall’altra parte della barricata, invece, si respira un mutismo cosmico, con Settimo Nizzi pronto a serrare le museruole.
Me per il PD l’obiettivo è netto: non farsi trovare impreparati nel 2027. Il tempo per costruire una proposta c’è, ma gli alleati non applaudiranno a prescindere. Il campo largo è una formula che richiede equilibrio, dialogo e soprattutto rinunce. Tre parole che, nel centrosinistra locale, non sono mai andate particolarmente di moda.
Ma qualcosa potrebbe davvero essere cambiato. “Olbia merita un governo alternativo all’attuale amministrazione”, che guida la città, quasi ininterrottamente dal 2001. Resta da capire se l’idillio durerà davvero. Perché, se c’è una costante nella storia recente del PD di Olbia è che le vere sorprese arrivano sempre dopo l’estate.
Intanto, sullo sfondo, si muove l’ombra lunga di Settimo Nizzi, che secondo indiscrezioni attenderebbe la decadenza di Alessandra Todde per tentare la corsa alla presidenza della Regione. Il suo nome, d’altronde, era già circolato nei sondaggi del centrodestra della disfatta Truzzu, ma Giorgia voleva un candidato dei suoi Fratelli a tutti i costi. Se Nizzi dovesse davvero candidarsi, Olbia rischierebbe di restare senza un vero leader, e il Partito Democratico potrebbe trovarsi con la strada spianata.
Per ora, non resta che girare le clessidre. E aspettare.