La notizia del sequestro, a cura della Procura della Repubblica di Tempio Pausania, di ben 18 opere considerate incongrue non ci sorprende; a più riprese abbiamo espresso, anche con l’ausilio della progettazione preliminare della 3a soluzione (Studio d’Equipe), le nostre opinioni al riguardo; non abbiamo difficoltà a ribadirle.
Abbiamo sempre sostenuto che il termine “incongrue” è fuorviante: ogni opera, infatti, può essere considerata congrua o incongrua in riferimento al PAI vigente; nel nostro caso le opere realizzate in tutti questi anni erano conformi ai dettami del Piano allora vigente.
Non abbiamo mai compreso come, in difetto dell’approvazione dell’aggiornamento del PAI a seguito di Cleopatra 2013, quelle stesse opere siano state definite incongrue dal progettista di un Piano non approvato dalla Giunta Regionale, poi cassato dalla stessa Giunta.
L’importanza di disporre delle approvazioni del Piano, prima del ”lasciapassare” sulle singole opere, calza perfettamente col caso Olbia dove, ad esempio, con l’approvazione di uno scolmatore esterno che drena il 75% dell’acqua dei bacini pertinenti, non ha alcun senso demolire le opere esistenti, poiché sufficienti ed adatte a convogliare in sicurezza, a mare, le acque di piena non captate dallo scolmatore: in dettaglio, nella ex via Redipuglia e nel Porto Romano entravano con “Mancini”: 486 mc/sec, con “Technital”: 180 mc/sec e, con “Studio d’Equipe”: 120 mc/sec.
A questo punto non resta che constatare il fatto che una politica ed una progettazione più attenta avrebbe dovuto individuare le opere portatrici di pericoli e ricercare i necessari finanziamenti per mettersi al riparo, ma nei tempi e con le modalità previste dal Decreto Ministeriale, che riconosceva lo stato di calamità naturale e consentiva e finanziava interventi per rimediare ai danni causati da Cleopatra 2013, assieme ai rimedi di messa in sicurezza; ne consegue che ulteriori demolizioni si sarebbero potute attuare anche successivamente, pur in attesa del perfezionamento delle approvazioni, mentre le ricostruzioni e le nuove opere avrebbero dovuto attendere le approvazioni definitive (VIA, Valutazione Impatto Ambientale compresa).
D’altronde, solo dalla bontà dello strumento di Piano approvato scaturiranno le scelte che decideranno sull’ipotesi “acqua fuori da Olbia” o sull’alternativa “acqua dentro Olbia”, sulla galleria continua o sui canali a “cielo aperto” e, soprattutto, se la Città debba essere o no sconvolta, per decenni, da demolizioni e ricostruzioni di ponti, strade e canali.
Fatte queste considerazioni, non appare difficile intravvedere le prospettive che si potrebbero aprire se potessimo disporre dei risparmi ipotizzati con la 3a soluzione a cura dello Studio d’Equipe di Olbia, da noi sempre privilegiata (50 Milioni nel confronto con la soluzione Mancini, 100 con la soluzione Technital), finanziamenti sufficienti per riqualificare i canali esistenti ed i quartieri attraversati, indirizzandosi alla contemporanea soluzione del ciclico interrimento della canaletta portuale.
In sintesi, ci sentiamo di ribadire che le opere “sequestrate” dalla Procura di Tempio Pausania sono incongrue rispetto a quanto contenuto nel Piano Mancini (non approvato), ma non lo sono rispetto alla soluzione dello scolmatore esterno ormai ineluttabile; diverso il ragionamento sulle superfetazioni, i tanti cavidotti per le linee elettriche, sugli attraversamenti fognari, idrici e telefonici che limitano la luce dei ponti (da demolire immediatamente) ma anche sulle opere realizzate in assenza delle prescritte autorizzazioni da parte del competente Genio Civile di Sassari.
Per il Comitato Salva Olbia, il Presidente Flavio G. Lai