
Giovanna Fiorentino Roych, vedova Roccaforte, maestra elementare di generazioni di olbiesi, premiata dal Presidente della Repubblica con la Medaglia d’oro (ha insegnato dal 1949 al 1994), è stata anche una “pioniera” dei bagni di mare. Nata il 27 luglio 1929, con la vivacità che ancora la caratterizza, ci racconta una lunghissima storia d’amore, testimoniata da vecchie foto, inedite e preziose. “Sin da piccola adoravo spiagge, barche e rocce tanto che mia madre, parlando di me, diceva sempre – legatela ad uno scoglio e la farete felice -.
Negli anni Trenta si andava all’Isola di Mezzo; zio Padellina, con una barca a remi, ci veniva a prendere al Molo Bosazza nel Porto Vecchio. Un altro punto d’imbarco era tra il viale Isola Bianca e l’attuale Museo. Le famiglie, una volta arrivate all’Isola di Mezzo, sistemavano gli ombrelloni con vista sulla città; i giovanotti e le ragazze più grandi raggiungevano a nuoto l’Isola Grande davanti a Poltu Quadu. Prima degli anni Trenta, i terranovesi in possesso di barche andavano alla Roccia del Cavallo, piena di datteri di mare, antistante l’Isola Bianca, oppure a Cocciana, davanti all’attuale porto industriale.
La meta più lontana era la Grotta dei Marinai a Li Cuncheddi. Sin dagli anni Venti, una spiaggia molto frequentata, raggiungibile a piedi in pochi minuti dal centro storico, era quella di Mogadiscio, prospiciente le attuali case popolari di via Roma. Tanti terranovesi si recavano a Punta Istaula, uno specchio d’acqua molto pericoloso per chi non sapeva nuotare, a causa del dragaggio eseguito per la costruzione dell’Idroscalo.
Prima degli anni Trenta, alla Fiorita, sul viale che conduceva all’Isola Bianca, dove nel dopoguerra venne edificata la Capitaneria di Porto, il signor Deiana realizzò I Bagnetti, trasportando sul posto sabbia finissima. Si usava arrivarci in carrozza. L’iniziativa del signor Deiana ebbe vita breve perché gli olbiesi scoprirono presto altri lidi e le spiagge di Golfo Aranci. Prima degli anni Quaranta, il maddalenino zio Popò, intraprendente proprietario di un peschereccio, ci conduceva ogni giorno alla bellissima spiaggia di Padrongianus antistante il Faro. Faceva due viaggi al giorno, sempre con partenza dal Porto Vecchio: il primo alle nove e il secondo alle 10,30 con rientro in città alle 12,30 e alle 13,30. Le famiglie che abitavano nel centro storico, quotidianamente, si ritrovavano al Padrongianus con ombrelloni, sedie a sdraio, i panini alla mortadella e l’immancabile cane del dottor Renzo Degortes Pasella: lui era un grande nuotatore mentre il suo amico a quattro zampe restava in spiaggia cercando di sgraffignare le nostre merende.
Negli anni Quaranta ci fu un ritorno dei bagnanti olbiesi, traghettati dagli ormeggiatori, all’Isola di Mezzo dove Giacomo Carlini aveva progettato e realizzato una decina di cabine e un bar con una rotonda, rimasta incompiuta. La tintarella si prendeva stesi sul tetto delle cabine; l’ombrellone più grande era quello della signora Angela Colonna che ospitava anche altre amiche. Sua figlia Elena, capeggiava i nuotatori più accaniti e incoscienti che, incuranti del passaggio delle navi, si spingevano fino alla boa antistante l’Isola Bianca.
Indimenticabili le gite domenicali negli anni Quaranta e Cinquanta, sulle barche per il trasporto della calce utilizzate dalle famiglie dirette all’Isola di Tavolara. Spesso con i carri a buoi, in calesse o a piedi (alzandosi alle 6 del mattino) si raggiungevano le meravigliose spiagge di Pittulongu e precisamente Li causeddi ovvero I gabbiani (poi diventata nota come La Playa), Muntonalzu (Lo Squalo), il Pellicano, Mare e Rocce. Una volta tracciate le strade, venne costruito il Lido di Pittulongu dove, dalla fine degli anni Cinquanta, io e le mie amiche portavamo i nostri bambini. Precedentemente era stata aperta anche la strada che conduceva alla splendida spiaggia delle Saline. La famiglia Derosas aveva impiantato uno stabilimento con cabine molto caratteristiche, realizzate con le cassette di legno per la frutta e foderate con i manifesti dei film regalati dalla signora Lillina Balzano.
I pullman della Sita percorrevano Corso Umberto, piazza Regina Margherita, via Regina Elena, via Roma e trasportavano i bagnanti alle Saline. Nei primi anni Sessanta la famiglia Marzano lanciò con grande successo il Lido del Sole. Le cabine, fatte molto bene, erano delle casette in legno, ognuna con la sua veranda, ben distanziate, con camminamenti fino alle docce. C’era una piscina per i bambini e una per i grandi, un ristorante sul mare, un negozio di generi alimentari, un bar, tanti giochi, il biliardo e un’ampia rotonda con un palco. Qui si svolgevano gare canore, elezioni di miss e manifestazioni di vario tipo che, la sera, attiravano moltissimi olbiesi e tanti turisti. Per entrare nello stabilimento si pagava un biglietto; generalmente si facevano gli abbonamenti mensili o stagionali. Nel comprensorio del Lido del Sole sorsero anche numerose villette.
Intanto, grazie all’apertura di nuove strade, scoprimmo la spiaggia di Porto Istana e il solito gruppo di bagnanti cominciò a frequentarla assiduamente. Non dobbiamo comunque dimenticare la passione degli olbiesi per le spiagge di Golfo Aranci, per la magnifica Cala Moresca e per Marinella. Io continuo ad andare al mare; l’unico mio rimpianto è non aver mai preso la patente e quindi, se i miei familiari non sono in città, ancora oggi prendo il pullman per raggiungere le spiagge dei dintorni.
Spesso mio nipote Fabio Fiorentino mi porta in barca con lui e queste, per me, sono le gite più belle. Quando ci fermiamo per fare il bagno canto sempre Io sono ancora qua di Vasco Rossi e ogni mattina, quando mi affaccio e vedo Tavolara, mi si apre il cuore”. (Altre foto in fondo all’articolo)