OLBIA. Fiaccole e canti sacri risplendono nel buio della solenne processione del Venerdì Santo olbiese, dopo che nella chiesa primaziale di San Paolo apostolo si è rinnovato l’antico rito de S’Iscravamentu (lo schiodamento). Il dramma della passione e morte di Gesù Cristo è stato rappresentato con intenso pathos. La rappresentazione, organizzata dalla confraternita di Santa Croce, è culminata con la deposizione del corpo di Cristo dalla croce e una processione silenziosa per le vie della città.
La cerimonia ha raggiunto il culmine quando il corpo di Cristo è stato schiodato e deposto dalla croce. I confratelli di Santa Croce hanno rappresentato il rito popolare, accompagnati dalle parole in logudorese di Maria Antonietta Mongiu, prima di avvolgere il simulacro del Cristo in un lenzuolo di pizzo e portarlo in processione per le vie del centro storico.
Il parroco don Gianni Satta ha invitato i fedeli al raccoglimento rituale. Le navate gremite hanno risposto con un silenzio carico di devozione. I canti tradizionali della passione, eseguiti dal coro Olbia Folk Ensemble, diretto dal maestro Cristiano Deriu, hanno sottolineato i momenti salienti del rito.
La riflessione principale è stata affidata, per la prima volta, a una voce femminile: l’archeologa Maria Antonietta Mongiu. Nel suo commento, in logudorese, ha richiamato il senso profondo del dolore e della resurrezione. Il suo intervento è stato particolarmente toccante e ha offerto una nuova sensibilità nella narrazione della passione.
La processione del Cristo morto si è poi snodata lentamente per le vie cittadine, da corso Umberto a via La Marmora, con grande partecipazione popolare: numerosi fedeli hanno seguito in silenzio il cammino della croce lungo le strade del centro. Il rito de S’Iscravamentu si conferma un appuntamento centrale della Settimana Santa olbiese, un patrimonio di fede e tradizione che la comunità mantiene vivo di generazione in generazione.