“18 Novembre 2013. Quel pomeriggio pioveva tantissimo, troppo. La sensazione che succedesse qualcosa di brutto pervase mia moglie che andò a ritirare le bambine alle elementari di Santa Maria. Il cortile della scuola era già invaso d’acqua.
Alle 18.40 la nostra via si allagò. Il piccolo rio che scorreva nelle vicinanze era esondato e il livello dell’acqua salito a un metro. Arrivarono alcuni amici e portarono via le mie figlie. Io e mia moglie restammo a casa. Dentro c’erano già 50 cm di acqua.
Dopo qualche tempo si sentirono dei boati, uno dopo l’altro. Erano i muri di confine che crollavano dietro la spinta delle acque. In casa un’ondata travolse tutto ciò che poteva: buttò giù il portone, le finestre e i mobili che si rovesciarono. Mancò l’elettricità e il finimondo ci travolse. Mia moglie riuscì a mettersi in salvo trascinandosi attaccata ai muri e io dietro di lei.
Nel buio totale, dopo che il livello delle acque si era stabilizzato, andai verso casa, attraversando l’acqua alta sino a 1 metro e 80 centimetri tra macchine galleggianti, legna da ardere, bidoni e detriti di ogni genere. Volevo controllare cosa fosse successo dentro casa. Entrai e vidi un divano galleggiare con sopra il nostro cane messo in salvo da mia moglie poco prima di andare via.
Usciti un’altra volta sentimmo delle urla, una richiesta d’aiuto da parte delle nostre vicine. Io, Marzio Altana e Giuseppe Fresi rientrammo nelle gelide acque e con una canoa, portata da qualcuno che non ricordo, con due viaggi mettemmo in salvo le anziane vicine.
Verso le 4 di mattina il livello delle acque era decisamente calato. Con la luce di una pila andai verso casa, entrai dentro e una sensazione di desolazione mi colpì. Tutti i sacrifici di una vita, i ricordi, la quotidianità andati distrutti.
Lo sconforto che ti assale è una sensazione indescrivibile. Pensi “È finita, non ho più niente”. Andai via disperato. La mattina verso le 7.00, dopo essere stati ospitati a casa di amici, vidi una situazione surreale: in corso Vittorio Veneto e piazza Etna era tutto tranquillo, come se non fosse successo niente.
Mi avvicinai alla mia via. Le nostre macchine sui muri distrutte, detriti di ogni genere, fango. Insomma l’apocalisse. Trovai i miei fratelli, cognati e amici pronti a pulire tutto per ripartire.
Lo sconforto mi abbandonò e sentii quasi l’entusiasmo di voler riprendere la vita di sempre. Non ero da solo e avevo il sostegno di altre persone, e sopratutto eravamo in molti nella stessa situazione. Bisognava ricominciare.
Ho voluto raccontare e ricordare alcuni brutti momenti di quella terribile giornata perché niente è stato scordato e tutto deve essere ricordato. Dall’altruismo di tante persone conosciute e sconosciute alla disperazione di tanta gente che ha perso tutte le cose materiali della propria vita, al dolore di chi ancora piange i suoi familiari deceduti a causa di questo maledetto evento, perché tutto questo non succeda mai più”.
Gian Piero Canu