OLBIA. Verrà inaugurata venerdì 24 febbraio alla Società dello Stucco in via Cavour 43 “Ortotelli, 16 gennaio 2023”, la nuova mostra fotografica di Marco Navone sulla prima uscita dei Thurpos, maschere tradizionali del carnevale sardo.
L’inaugurazione è in programma alle 19:00. “Da appassionato fotografo e cultore di alcuni riti del carnevale ho pensato di andare a Orotelli – spiega Navone -. Il tempo era pessimo, non avevo compagni di viaggio, ma ho deciso comunque di muovermi, confidando in una piccola finestra di miglioramento che il meteo concedeva.
Mi sono fermato poco prima del bivio per il paese barbaricino a fare carburante, investito da una bufera di vento e pioggia d’incredibile intensità. Sono stato sul punto di tornare indietro, poi considerato che ero arrivato fino a lì ho pensato valeva la pena di tentare. Il paese era deserto, tanto che ho dubitato che si svolgesse la manifestazione.
Complice forse il brutto tempo, ho ritrovato quel sapore originario di una festa molto sentita dalla popolazione locale. Pochi visitatori, molti Oroteddesos e soprattutto pochissimi fotografi. Praticamente un sogno, un viaggio incredibile, alla fine a poca strada da casa.
L’evento si è svolto in due parti, separate ma intimamente interconnesse. La prima è prettamente religiosa, con la messa, la benedizione del fuoco da parte del sacerdote, e il passaggio per tre volte del santo intorno a fuoco. Finita la giostra cristiana comincia quella pagana, con l’uscita dei Thurpos. La maschera di Orotelli riprende la tradizione dei riti propiziatori ancestrali legati al carnevale, i loro gesti marcano la familiarità del rapporto uomo animale.
La brigata, vestita con Su Gabbanu e la faccia annerita danza intorno al fuoco, ormai diventato un fantastico compagno di viaggio. Il tutto si conclude con una fantastica cavolata, piatto tipico del periodo e offerto a tutti dal comitato organizzatore.
Di un viaggio dentro un altrove lontano rimangono la familiarità di una festa ritrovata e soprattutto la grande presenza di giovani e bambini mascherati, a voler dimostrare che queste tradizioni sono particolarmente radicate, e, per fortuna, destinate a durare”.
































