
La signora Marianna, originaria di Buddusò, da 45 anni vive in un paese di 4.800 abitanti ai piedi del Gran Sasso in provincia di Teramo, a pochi chilometri da Amatrice. I suoi parenti a Olbia hanno avuto grandi difficoltà prima di riuscire a mettersi in contatto con lei telefonicamente dopo aver appreso del sisma che ha devastato il centro Italia.
“Mia zia – racconta una signora di Olbia che ci ha chiesto non scrivere il suo nome – ha una disabilità motoria e si muove su una carrozzina. Ciononostante alle 3:30, ha sentito un boato che l’ha svegliata di soprassalto e ha dato l’allarme alla famiglia. In pochi istanti, malgrado le difficoltà del suo stato, moglie, marito e figli si sono messi in salvo lasciando la casa per rifugiarsi in uno spazio aperto lontano dagli edifici. Da oggi dormiranno all’aperto e comincerà un altro calvario. Speriamo sia breve”.
La signora di Olbia ci racconta di come la gente di quei tantissimi paesini, uno attaccato all’altro, tra Marche e Abruzzo, convive con le scosse di terremoto ma, a quanto ha potuto accertare nei brevi scambi al telefono con i parenti che vivono in Abruzzo, quella della notte scorsa è stata molto diversa rispetto anche al terremoto di 6 anni fa che distrusse il centro storico dell’Aquila.
“Amatrice era un paese splendido – ricorda -. Era un borgo con case medievali incastonato nel verde delle montagne. Ci passavamo spesso quando, con la mia famiglia, andavamo a trovare zia e cugini. Vederla ridotta a un mucchio di pietre con tante gente ancora sotto le macerie è un dolore incommensurabile”.