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“Storie di un attimo”: avventura e tradizione negli scatti di Pina Piras e Serena Carta

28 Novembre 2017 ore 16:53 di Paolo Ardovino   



Una dalla vetta del Gran Sasso d’Italia, l’altra dalle pendici del Montalbo: Pina Piras e Serena Carta sono i due volti al femminile della rassegna fotografica “Storie di un Attimo”. Le loro mostre sono visitabili al piano superiore del Museo Archeologico e – in controtendenza con la maggior parte degli altri fotografi – i soggetti dei loro scatti si raccontano a colori.

Trionfa comunque il bianco delle vette innevate nel viaggio di Pina Piras, che lascia poco spazio alle parole e molto alla suggestione di un paesaggio unico, quello appenninico. “Un viaggio emozionante e impegnativo – scrive la stessa nella descrizione delle sue foto -, sia dal punto di vista interiore che fisico”.

E non è difficile immaginarlo seguendo la carrellata di immagini, dove spesso appare qualche sportivo immortalato durante la scalata; persone che diventano minuscole sotto l’enormità del massiccio montuoso. Poi, soprattutto, la natura. Tra le altre spicca l’immagine di due cavalli che sembrano baciarsi, in primo piano il verde di una prato, sullo sfondo alcune montagne innevate. “La fiducia ritrovata, i pianti, il cuore che batte forte e un silenzio assordante in cui sentire il proprio respiro”.

Dalla solitudine delle cime abruzzesi alla folklore del centro Sardegna. Serena Carta non ha dovuto fare molti chilometri, si è fermata a Lula e lì ha (ri)scoperto un mondo .”Su Battileddu” il titolo della sua mostra e il nome di una maschera, quella del paese del Montalbo.
 
Uno dei protagonisti più inquietanti della tradizione carnevalesca sarda, che la stessa fotografa racconta, “ha il viso sporco di sangue e annerito dalla fuliggine e il corpo ricoperto di pelli di pecora e montone – spiega -. Sul capo porta due corna fra le quali viene fissato uno stomaco di capra, mentre sulla pancia, sotto i campanacci, uno stomaco di bue riempito di sangue, che viene bucato di tanto in tanto. Su Battileddu  è la vittima sacrificale del carnevale. Intorno a lui si muovono maschere dal volto nero che lo aggrediscono più volte fino ad ucciderlo”: basta a rendere l’idea?
 
Ma niente paura: sarà poi destinato a risorgere, e così sembra essere stato per la sua storia. La maschera, come spiega infatti anche Serena Carta, dopo alcuni anni bui del secolo scorso è tornata in auge nel 2001, e tutt’ora fa parte delle rappresentazioni del carnevale sardo. Personaggio dionisiaco, che la fotografa ha immortalato nel febbraio di due anni fa. Inutile sottolineare come il nero dei volti e il rosso del sangue dominino gli scatti, che conservano un lato spaventoso ma tirano fuori un certo fascino.

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