
Nessuna delle tre donne ha mai rischiato di perdere la vita, né sono emersi danni tali da prefigurare una condanna penale. E’ quando, in estrema sintesi, rivela la perizia disposta dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Tempio, Alessandro Di Giacomo, nell’ambito dell’inchiesta che vede indagati il chirurgo plastico Raffaele Ceccarino e il direttore della clinica Michelangelo di Olbia, Tomaso Mossa.
L’accertamento scientifico, che ha valore di incidente probatorio, firmato dal medico chirurgo, dott. Nicola Lenigno, specialista in Medicina Legale, dice che gli elementi d’accusa, sostanzialmente basati sulle testimonianze delle tre donne, non sono penalmente rilevanti. Il margine lasciato dalla circostanziata perizia, in uno solo dei tre casi, evidenzia un risultato “non soddisfacente” e, in quanto tale, potrebbe configurarsi al massimo un risarcimento in sede civile. Sarà il giudice a stabilirlo.
In ogni caso si tratta di un elemento che segna un evidente vantaggio per gli avvocati della difesa, Gian Paolo Murrighile e Domenico Putzolu, al punto che, nei prossimi giorni, chiederanno la definitiva archiviazione del fascicolo.
Come si ricorderà, il clamore mediatico intorno ai presunti casi di tre donne che ritenevano di essere state deturpate da interventi di chirurgia plastica (al seno e all’addome) effettuati nella clinica Michelangelo di Olbia ad opera del dott. Ceccarino, era stato amplificato a livello nazionale da trasmissioni televisive come “Mi manda Rai 3” e “La vita in diretta”.
“La perizia – ha dichiarato Murrighile – che è stata depositata in incidente probatorio e pertanto atto proveniente dall’ufficio del Gip, ha evidenziato, questa volta inequivocabilmente, che il chirurgo, tutti i sanitari e il responsabile della clinica, hanno agito eseguendo gli interventi con la migliore tecnica scientifica prevista dalla letteratura medico/chirurgica.
La stessa ha poi certificato che non è imputabile al chirurgo e sanitari alcun profilo di colpa e neppure negligenza o imperizia. E che nei loro comportamenti non vi è nessuna rilevanza penale delle condotte e nessuna responsabilità. Mai le pazienti sono state in pericolo di vita e non vi è nessuna lesione permanete. Si conferma dunque all’opposto l’intento calunnioso delle querele che perseguiremo ora più che mai”.