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La star dell’Olbia Tattoo Show: Maurizio Fercioni, 72 anni. “La mia vita dentro i tatuaggi”.

20 Luglio 2018 ore 22:29 di Paolo Ardovino   

Gian Maurizio Fercioni all'opera durante la convention dell'anno scorso

“Ecco guarda, la vedi? Sta cantando” Fercioni ha appena terminato di tatuare un ragazzo. Si tratta di una sirena, con la coda lunga e costellata di squame, e la bocca spalancata. E lui, il fortunato di turno, risponde con un largo sorriso. La vera star dell’Olbia Tattoo Show è Gian Maurizio Fercioni. 72 anni e una carriera iniziata prestissimo – lui è stato il primo ad aprire uno studio in città, a Milano, nel 1974 – che l’ha portato ad essere uno dei massimi rappresentanti del settore.

Il ragazzo invece, che da adesso ha sul braccio un Fercioni autentico, si chiama Marco, “Abito a Santa Teresa, sono venuto solo per lui, monumentale, è un mito”. Perché una sirena? “No, no, ho fatto scegliere a lui, e ci mancherebbe”. Poi va via gongolando, mentre il tatuatore più anziano d’Italia si avvicina all’uscita, sigaretta in mano e camicia aperta.

“I primi tatuaggi li ho fatti a tredici anni, e sono stati fondamentali due libri, Moby dick e Typee, dove il tatuaggio ha un ruolo centrale“. Lo stesso Fercioni, però, sembra uscito da un romanzo di Melville, “ho iniziato perché navigavo con mio padre e nei porti conoscevo figure incredibili, marinai che ai miei occhi erano uomini fortissimi. E avevano tanti tatuaggi”.

Oggi il mondo è cambiato, “sì, ormai si è persa quella magia. Penso sia fondamentale il rapporto con il cliente, creare un’energia, scegliere insieme il tatuaggio da fare. Ora lo si sceglie su internet e ci si tatua senza dare più tanta importanza a quel che ci si disegna sulla pelle. Come comprare la frutta dal fruttivendolo sotto casa che ti consiglia le pesche mature o quelle più acerbe, oppure far la spesa in un supermercato senza parlare con nessuno”.

E Maurizio Fercioni è convinto “ogni giorno sto circa sei ore in attività, continuerò fino a quando mi diverto”. Il tatuaggio più richiesto? “I classici: velieri, sirene, ma so fare anche quelli che vanno di più ora”.

Nella hall allestita dall’azienda olbiese Tramellino Arredamenti per i tatuatori passano due ragazzi con la pellicola su un tatuaggio nuovo di zecca, “ecco, vedi? Una cazzata, la plastica non fa respirare la pelle, così come i guanti, hai visto prima, no? Io tatuo a mano libera, ma igienicamente non cambia niente a chi si sottopone al tatuaggio, semmai è una prevenzione per noi, ma non è d’obbligo e mi trovo meglio. Ci sono tante credenze sbagliate, si sa poco, e parlo dei tatuatori stessi”.

Passa una ragazza, le indica la coscia tatuata “guarda questo, non è fatto bene [ne guarda un altro sulla spalla] ecco, questo è l’unico che ha una certa energia – e lei, divertita, quasi lo nasconde perché è l’unico che si è fatta da sola e non le piace – ma no, cosa fai, è bello!”. Sigaretta finita, è ora di tornare a lavoro.

Intanto si vede anche lo statunitense Matt Gone, l’uomo più tatuato al mondo. Eppure c’è ancora una parte dove non è tatuato, dove? “Qui, guarda, nei due alluci dei piedi!”. Il primo giorno della rassegna dei tatuaggi è partito bene, l’affluenza crescerà domani complice il concerto, ma i tatuaggi fatti sono già tanti.

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