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Primo giornale online di Olbia

La musica nel sangue. Ritratto di Paoluccio Masala: “Non mi fermo qui”.

8 Settembre 2018 ore 21:10 di Paolo Ardovino   



“Da qualche mese sono un po’ sparito, è un periodo di riflessione, sto pensando a qualcosa di nuovo”: Paoluccio Masala non si ferma mai. “Io dico sempre che non è l’età a fare l’esperienza”, ma in questo caso lui ha sia l’età, 83 anni portati alla grande, che l’esperienza. E soprattutto, ancora tanta inventiva e voglia di fare.

Questa è la storia di una vita vissuta “con e per” la musica. Paolo Masala è nato a Lanusei il 20 aprile del ’35 ma dopo pochi mesi era già olbiese. “Il mio percorso musicale inizia nel 1944 – siamo agli sgoccioli della seconda Guerra Mondiale -, per volontà di mia madre. Il fratello, mio zio, era clarinettista e lei mi ha convinto a studiare. E io solo dopo un anno ho iniziato a capire che forse era la strada giusta”.

A soli 15 anni impara a leggere la musica “Come gli altri leggevano il giornale”, ma la prima esperienza era arrivata due anni prima, quando già dirigeva gli allievi della banda musicale Città di Olbia. Poi le esperienze coi grandi, “Quando mi toccava fare gli assoli il maestro mi metteva davanti ai piedi una cassa di birra e io ci salivo su e suonavo”. I suoi pezzi preferiti da sempre sono “I Puritani” di Bellini e “La cavatina di Figaro” del Barbiere di Siviglia di Rossini. “Ho suonato tutti gli strumenti ad ancia (clarinetti, sax ecc.) e a 17 anni fondai il primo gruppo, i Blue Star, ma la popolarità la raggiunsi con i Killers, erano i primi anni sessanta, arrivarono tante richieste di concerti e premi”.

Un piccolo Paolo Masala (il quinto partendo da sinistra) con la banda musicale città di Olbia

Però è lui stesso ad ammetterlo: “Nella musica ho sempre preferito fare il regista piuttosto che l’attore”. Così nei primissimi anni settata cinque ragazzini si presentano alla sua porta. Li farà diventare i “Collage”. A proposito, perché quel nome? “Ascoltavo tanta musica e un giorno tra i molti dischi spuntò Collage de Le Orme. Mi piacque molto quel nome”. Nasce così la carriera di una delle band sarde più fortunate, che calcò persino il palco di Sanremo – quattro volte dal ’77 all’84. “I primissimi periodi suonai anche io insieme al gruppo, poi li ho seguiti da fuori. Sanremo è stato solo la naturale tappa dopo un percorso fatto di palchi sempre più grandi”.

Tra gli anni sessanta e settanta il noto produttore musicale Gianni Ravera propone a Paoluccio di diventare referente in Sardegna del festival di Castrocaro, che dirigerà per dieci anni vincendo pure la targa d’oro come miglior collaboratore d’Italia, in una lettere in cui Ravera lo chiama “Maestro”. Nel 1963 mette su il “Cantabimbo”, concorso musicale (la cui direzione dagli anni ’70 passa a Giovanni Budroni) rivolto a bambini dai 6 ai 12 anni, “Però – sottolinea Paolo Masala -, non cantavano mica filastrocche e canzoncine, affidavo loro canzoni di grandi come Mina o Springsteen”.

Paoluccio in azione col suo Sax

Strano ma vero, in tutto questo la musica non è sempre stata al centro nella vita di Paoluccio, “La mia attività primaria, da quando ero molto giovane, è stata in falegnameria”. Il sardo svizzero: è così che lo chiamavano a lavoro, “Per via della mia precisione. Nella mia vita posso parlare di passione, ma soprattutto di serietà e forse anche un po’ di cinismo, è così che mi sono sempre mosso”.

Negli ultimi due anni, Paoluccio Masala si è ritagliato su Radio Internazionale alcuni spazi rilevanti. Le rubriche Ospiti per caso, “40 incontri con personaggi di spicco dell’isola in più settori” e Ribalta musicale, “con la quale ho portato 178 artisti da tutta la Sardegna, e molti di questi facendoli suonare live”.

A proposito, com’è la situazione della musica sarda? “Il massimo per me è Piero Marras e poi devo risalire ad Andrea Parodi, o i Bertas. Sugli artisti di oggi vedo molta gente che sgomita e si impegna, e mi piace perché ho sempre pensato fosse meglio mettersi in mezzo alla mischia e non guardare il mondo dalla finestra”.

Paoluccio assieme al bluesman Francesco Piu prima di andare in onda con “Ribalta Musicale”

Allarghiamo il raggio d’azione: musica italiana. “Si è persa negli anni, è durata finché non è stata contaminata da quella inglese. Molti artisti hanno fatto la propria fortuna proseguendo sulla scia americana ed estera in generale. Musica italiana vera e propria è solo quella napoletana iniziale, negli anni molte canzoni non erano altro che riadattamenti di altri brani stranieri. E poi nella musica vedo un grande arrivismo, negli ultimi anni sono cresciute le scuole e i maestri, ma non sono loro a fare l’artista”.

Il concetto è chiaro. Infine, un consiglio a chi vuole emergere nel mondo della musica? “Rendersi conto se realmente Madre Natura ti ha predisposto, se c’è davvero il talento”. Parola di Paoluccio. Che è pronto a tornare in scena, “Sto riflettendo, pensavo a qualcosa con alcuni nomi del passato. Prendi Alessandro Nanni, “Il socialista di Dio”, a cui è stata dedicata pure una via, o Saverio De Michele, storico sindaco che non volle il petrolchimico”. No, non ci si ferma mai.

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