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“La morte di mio figlio non si può archiviare”. Il padre di Paolo Pau non si arrende

L'avvocato difensore, Abele Cherchi, presenta in Procura la richiesta di riapertura delle indagini

5 Febbraio 2020 ore 21:41 di Mauro Orrù   

Antonello Pau, padre di Paolo Pau

Antonello Pau non ne vuol sapere. Per lui l’archiviazione del procedimento nei confronti del comune di Olbia e del Cipnes per la tragica morte del figlio, Paolo Pau di soli 29 anni, “è un atto di assoluta ingiustizia”. Per questo motivo il suo avvocato difensore, Abele Cherchi, ha depositato in Procura, oggi 4 febbraio, una nuova richiesta di riapertura delle indagini. La seconda. La prima, infatti, era stata stata rigettata lo scorso 20 gennaio.

“Non mi arrenderò mai finché mio figlio Paolo non troverà pace – dice Antonello Pau, 59 anni, operaio tuttofare -. Ci sono tanti lati oscuri in questa vicenda che non si possono liquidare senza portare in giudizio i responsabili di quella via della morte da tempo abbandonata a se stessa”.

LA TRAGEDIA. La notte del 25 ottobre del 2015 in un drammatico incidente avvenuto sulla strada di Cabu Abbas (via Mincio), moriva il 29enne Paolo Pau. Il giovane cadde rovinosamente dal suo scooter a causa delle pessime condizione di quel budello di strada buio, pieno di profonde buche e, sopratutto, di ostacoli non segnalati.

Inizialmente si pensava che il giovane fosse morto esclusivamente a causa di un asfalto corroso dal tempo e dall’incuria. La perizia tecnica dell’ing. Lippi attestò, invece, che lo scooter di Paolo, dopo aver imboccato la strada di Cabu Abbas una volta sceso dalla bretella che viene giù dalla circonvallazione, impattò violentemente contro “un ponticello in cemento armato posto a bordo strada sull’ideale prolungamento della corsia di accelerazione non presegnalato e neppure segnalato da alcun segnale stradale”.

LA PERIZIA. I rilievi sul posto e l’esame sulla Vespa di Paolo Pau, nelle carte agli atti, lo confermano. Il povero 29enne che procedeva in una strada non illuminata e senza segnali era convinto, con tutta probabilità, di marciare tranquillamente sulla strada. Improvvisamente il brusco impatto con il cemento armato di quel ponticello tubolare, lo fece letteralmente volare sulla strada. Paolo morì sul colpo malgrado indossasse regolarmente il casco.

L’ARCHIVIAZIONE. Il resto della storia è una vicenda giudiziaria conclusa prima ancora di cominciare. Come si ricorderà il GIP del Tribunale di Tempio, Elisabetta Carta, ha disposto l’archiviazione del procedimento. Secondo l’atto, né il Comune di Olbia (proprietario della strada), né il CIPNES, ente gestore, hanno responsabilità per la morte del 29enne.

Eppure, dopo un rimpallo tra i due enti, Comune e Cipnes, la strada rimase chiusa a lungo. Il 10 febbraio del 2016 (erano trascorsi meno di quattro mesi dai funerali di Paolo), la Polizia Locale di Olbia mise sotto sequestro preventivo il tratto “incriminato” di via Mincio, tra la sopraelevata Nord e via Tagliamento.

A questo va aggiunto che l’assicurazione del Cipnes, “La Cattolica”, liquidò la madre e il fratello di Paolo. La stessa offerta fu proposta anche al padre Antonello che, però, rifiutò l’accordo. “Non si tratta di soldi, non ne abbiamo mai parlato e non ho idea di come si possa valutare la morte di un ragazzo – dice in chiusura Antonello Pau -, ma quello che mi preme è che si riaprano le indagini. Se avremo ragione Paolo avrà avuto giustizia e potrà avere pace”.

 

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