
Chissà oggi come riempiranno le pagine i quotidiani italiani (e anche gli stranieri) in memoria di Gustavo Giagnoni. Io invece, vorrei ricordare “Giagno” , questo il nomignolo affibbiatogli dai compagni di squadra del Mantova e dai tifosi, in modo originale, spulciando nei nostri rapporti a Cagliari e a Roma.
Gustavo era molto religioso, da ragazzo aveva rischiato di finire in seminario per volere dei suoi genitori, lo aveva salvato il calcio e Mantova, dove si era affermato da giocatore e da allenatore. A Cagliari da allenatore, non ebbe fortuna. Alla fine del campionato ‘82-83 retrocesse dopo una partita farsa ad Ascoli con il presidente ascolano in campo nonostante fosse squalificato. Rozzi era nel cuore dei poteri forti, cioè Juventus, Milan, Inter e Roma, il presidente del Cagliari, Alvaro Amarugi, era pieno di debiti e di nemici.
Rientrato in Sardegna, cena a tre allo Scoglio: io, Gigi Riva e Gustavo, veramente afflitto per non essere riuscito a salvare il Cagliari, parlava poco. Però ad un certo punto ruppe il silenzio e disse: “Gigi, solo tu puoi riportare la squadra in serie A, prendi in mano la società, caccia dalla sede l’attuale dirigenza”. Gigi Riva non rispose, cominciò a meditare e dopo alcuni anni divenne vice presidente.
Il tandem si riformò nel campionato ‘86-87 e il Cagliari si salvò all’ultima giornata di campionato dopo un epico 2 a 2 con la Juventus. Stavolta festeggiammo alla grande e costringemmo Gustavo a pagare il conto: “Ho dimenticato il portafoglio a casa” dissi seriamente, Gigi aggiunse furbescamente: “Anch’io”: Gustavo pagò e commentò così: “Voi siete due attori, complimenti”.
Poco diplomatico, Gustavo aveva buoni rapporti con i giornalisti, tranne con quelli spudoratamente di fede Juventina. Raccontava aneddoti a bizzeffe, sottolineando sempre l’amore per la sua terra. “Quando arrivai a Mantova, dissi: sono il primo extra comunitario venuto a giocare in Val padana”.
Amatissimo a Torino, dove disputò un campionato straordinario lanciando Pulici e picchiando Causio durante Juventus-Torino, che diede i punti dello scudetto alla odiata signora del calcio italiano grazie anche all’arbitro.
“Causio sfotteva sempre, faceva la linguaccia, cercava di far reagire me e i giocatori granata. A un certo punto esagerò e allora decisi di porre fine ai suoi sberleffi. Mi avvicinai e gli sferrai un pugno in faccia che lo tramortì. L’arbitro mi espulse, giustamente. E nello spogliatoio cominciai a pensare alla squalifica e ai commenti della stampa . Ero preoccupato, avvilito ma all’uscita dallo stadio circa 500 tifosi del Torino mi portarono in trionfo. Soltanto Ormezzano, giornalista e scrittore di cuore granata, mi difese insieme ai suoi colleghi romani sempre contro la Juventus”.
Potrei continuare a raccontare l’amore per la sua Olbia e la Gallura, chiudo invece il ricordo con sincera malinconia: quando Gustavo arrivava a Olbia ci incontravamo per un caffè e sghignazzavamo come bambini. “Comprendi il sardo? -mi chiedeva – E io rispondevo di sì, senza esitare”- Lo facevo felice. Rinviavamo alla solita telefonata mensile gli aggiornamenti su amici comuni. Però, purtroppo, da alcuni anni non rispondeva più. Pace all’anima sua.