
“Possibile che per oltre 45 anni, vale a dire tutto il tempo in cui a Golfo Aranci c’era don Finà, tra la nostra comunità e la chiesa c’era uno splendido rapporto, mentre negli ultimi anni le cose sono precipitate? Il problema, evidentemente, non siamo noi ma il parroco di San Giuseppe, don Dario D’Angelo. Il suo atteggiamento nei confronti della nostra gente è censurabile oltre che completamente fuori luogo, e ora si permette di chiudere a chiave le nostre chiese. Basta, siamo stufi – dicono i residenti storici di Porto Rotondo e Rudalza -. Se non cambieranno immediatamente le cose ci porteremo via ciò che è nostro: la statua di Sant’Isidoro e anche l’altare in granito dalla chiesetta di Sant’Antonio”.
La singolare minaccia di rapimento del santo arriva dai rappresentanti delle comunità storiche di Porto Rotondo e Rudalza. A sentire loro, ma sentiremo presto anche l’altra campana, le due chiese, la Madonna del Monte e San’Antonio di Rudalza alle quali si aggiunge la meravigliosa San Lorenzo del borgo dei Donà dalle Rose “vengono gestite come una proprietà privata del prete.
Abbiamo persino visto mettere sotto lucchetto le imposte della Madonna del Monte, il palco dei festeggiamenti laici e anche il contatore elettrico. L’umiliazione che subisce la nostra gente è incresciosa. Una di noi che si presta come volontaria da 40 anni a supporto della Chiesa ha persino ricevuto il cartellino rosso dal parroco. Secondo lui sarebbe troppo vecchia e per questo motivo l’ha allontanata. Non vuole neanche che canti. Un atteggiamento che non è certo improntato sull’amore per il prossimo ma che, al contrario, è un’autentica discriminazione”.
Parlano nervosamente come un fiume in piena. Ricordano le non troppo lontane vicende di vera guerriglia di qualche anno fa, sempre per gli stessi argomenti, tra gli abitanti di Porto Rotondo e Rudalza, e l’allora parroco di Golfo Aranci, il prete canterino don Alessandro Cossu; don Dario era il suo vice parroco. “In due anni con don Mirko non c’è stato nessun problema ma ora siamo riprecipitati nelle discutibile gestione delle chiese di Porto Rotondo. Non capiamo tutto questo acredine nei nostri confronti ma non possiamo andare via dalle nostre case e dalle terre che sono appartenute ai nostri avi. In tutto questo sono anni che chiediamo al vescovo Sanguinetti di nominare un parroco per le tre chiese di Rudalza e Porto Rotondo ma intanto continuiamo a sottostare alle azioni del prete delle chiesa di Golfo Aranci.
Non non vogliamo nulla di particolare. Chiediamo solo l’apertura quotidiana delle chiese che, a parte la domenica restano, sbarrate come non ci fosse una comunità intorno. I fedeli, specie i turisti durante l’estate, devono sentirsi liberi di recarsi nel luogo di culto anche per una preghiera in silenzio. Invece no, da queste parti non si può. Ma negli ultimi mesi sono successe parecchie scaramucce tra noi e il prete al punto che ora la misura è colma.
Nelle chiese c’è il nostro lavoro e la nostra abnegazione di tantissimi anni. Hanno prestato la loro opera persone che vogliono sentirsi una comunità e non un popolo bue prono disposto solo a obbedire. Se non cambia niente, a breve ci porteremo via almeno ciò che, con documenti alla mano, è inequivocabilmente nostro. A cominciare da Sant’Isidoro (ci mostrano il documento di proprietà del 1947) e l’altare in granito della chiesetta di Sant’Antonio”. E ora non resta che attendere la replica di don Dario.