
Pensierino. Meno di cinque mesi fa Al Baker, capo di Qatar Airways, annunciava al mondo l’ingresso in Meridiana della compagnia aerea del Qatar. “Puntiamo a posizionarci al top in Italia e in Europa – aveva dichiarato davanti alla stampa internazionale nella conferenza di presentazione milanese della nuova compagnia Airitaly -. Olbia resterà il quartier generale della compagnia, mentre Malpensa sarà l’hub internazionale per i voli a lungo raggio”.
Per questo e decine di altri motivi, legati alle garanzie di un rapido sviluppo a suon di nuovi aerei e petrodollari, nessuno avrebbe mai potuto immaginare un così triste e tenebroso cambio di insegne nella palazzina del comando della ormai vecchia Meridiana.
Siamo stati lì tutto il giorno a vedere i tecnici di una bella azienda sarda, la Character, salire e scendere sull’elevatore per smontare le vecchie lettere e montare le nuove. Airitaly: tutto attaccato. Un avvicendamento tecnico. Un semplice atto di adeguamento al nuovo che avanza. Che oggi, invece, incombe.
Il cuore della compagnia è in affanno perché la paradossale ultima trovata di spostare da Olbia a Milano cinquantuno dipendenti è una gran cazzata. E lo sanno bene i destinatari del provvedimento che dovrebbero lasciare Olbia il 1° ottobre o perdere il lavoro come, forse, sperano le grigie figure che hanno architettato il piano.
Per questo motivo a fine turno, all’uscita dal cancelletto pedonale, più di un dipendente abituato da trent’anni a riconoscersi nell’azienda più importante dell’Isola in cui ha sviluppato straordinarie capacità professionali, sostava con il naso all’insù a fissare la parte alta della parete. Qualcuno ha pianto.
Possibile che le promesse del n.1 di Qatar Airways, in così poco tempo, siano diventate coriandoli? Ma è ragionevole pensare che la compagnia leader mondiale di uno stato che galleggia sui dollari, da una parte lancia nuovi aerei come fossero razzetti di carta e dall’altra continui a nominare vari direttori stranieri con incarichi impronunciabili senza indicare un Amministratore Delegato che si prenda veramente la responsabilità gestire l’intero sistema?
Non sarà invece che le scorie di vecchi AD (e non parliamo degli attuali vertici) lasciati andare dall’oggi al domani come palloncini, sono ancora nella struttura operativa, hanno nomi e cognomi e continuano a fare guasti in nome di interessi personali che niente hanno a che vedere con le strategie generali di una compagnia che vorrebbe considerare Alitalia un concorrente in serie B?
Per quanto possa sembrare assurdo la tesi non sarebbe affatto campata in aria. Si tenta di spostare 51 dipendenti poi, inesorabilmente, si continua nel travaso come nei vasi comunicanti. E perché non fare il contrario? Il delicato lavoro dei professionisti dei settori (dal marketing, al revenue management, all’operativo ecc.) in predicato di spostasi, è, come si dice, “remotabile”. Semplificando, si potrebbe anche fare da casa con i mezzi giusti. Contano cervello ed esperienza.
Ma non si può. Occorre stare tutti a Malpensa perché quelle scorie, quelle zeppe negli ingranaggi, vengono da lì e lì vogliono tornare. Sono ancora convinti di poter decidere il destino di cinquantun famiglie olbiesi per appagare una necessità personale per poi, tornare in Sardegna, ma solo d’estate, per le vacanze.
Allora c’è un unica strada: che ci pensi il Governo a parlare con l’altro Governo. Tutto il resto serve a poco, anche manifestare clamorosamente. Dal Qatar difficilmente capirebbero e potrebbe essere un harakiri. Come ha detto a chiare lettere l’assessore dei trasporti Carlo Careddu, occorre che Conte o Toninelli, vadano in Qatar a spiegare ai dignitari dell’emiro che 51 dipendenti non si toccano da Olbia, ma non per ragioni sentimentali o perché sono abituati al clima della terra in cui sono nati, ma perché non è necessario né funzionale al business.
E che Airitaly nomini in fretta un AD, ma cha sappia dove mettere le mani. Nessun responsabile di azienda, piccola o grande che sia, vorrebbe mai gestire lavoratori che “volino” contro.