
Mancavano solo gli indiani, ad Alessandria, Per il resto, gli ingredienti di un (clamoroso quanto entusiasmante) assedio a Forte Apache, c’erano tutti. Da un lato i nobili alessandrini, stirpe che ha allevato campioncini tipo Gianni Rivera, per citarne uno; dall’altro, gli ultimi della classe, quell’Olbietta che ora rivendica tutto il diritto a sperare nella permanenza in serie C.
Ebbene, a dieci minuti da fischio finale, l’Alessandria vinceva per 3-1 e solo i pazzi (o gli innamorati del calcio, consapevoli che una partita può non finire mai…) confidavano in un risultato positivo. Insomma, i pazzi hanno avuto ragione da vendere e oggi l’impresa – perché di questo si tratta – dell’Olbia merita di essere celebrata come si deve, perché un carattere così non si era mai visto in questa stagione.
Carattere misto a rabbia, voglia di farcela, di spaccare tutto e di spazzare via anche tutte le maledizioni che hanno accompagnato questo torneo. È vero che il cammino verso la salvezza risulta ancora impervio, disseminato da trappole e bocconi intrisi di veleno, così come è tristemente vero che la classifica langue e ha bisogno di essere alimentata in fretta da un successo corroborante, ma una squadra che lotta e combatte come quella vista oggi al “Moccagatta” non può che partire da questo assedio per guardare al futuro con un sorriso.
È stato importante, dopo un buon primo tempo, arrivare al 2-1, grazie al gol di Biancu, ma, dopo la terza rete dei grigi, beh, l’esito del match pareva segnato, anche se il punteggio non rendeva per niente giustizia alla gara dei ragazzi guidati da Oscar Brevi. Ci sono voluti i gol di Altare prima (segnato con un gesto tecnico da centravanti e non da difensore), di Pennington poi, per rimettere in sesto una gara che rimarrà comunque memorabile.
Molti sono i giocatori che meritano una citazione (e lo faremo con la rubrica di quel che va…, con il pollice all’insù), ma vanno sottolineate le scelte di Oscar Brevi che ha riportato in difesa Altare, ha fatto riposare Biancu in mezzo al campo, e ha azzeccato i cambi. Il mister si è sgolato dalla panchina e la sua spinta psicologica si è rivelata decisiva. A questo punto il Renate – prossimo avversario dei bianchi – è avvisato. Avvidecci.
Due certezze, innanzitutto. La prima è quella di Giandonato, un leader dai piedi buoni, uno che dà del tu al pallone ed è capace di collocarlo nel punto giusto nel momento giusto. A giudizio di chi scrive, è stato il migliore in campo. Oltre al suo lavoro di regista, ha sfiorato il gol in un paio d’occasioni. E’ un elemento imprescindibile di quest’Olbia che sogna una galoppata memorabile. La seconda certezza si chiama Altare, e anche il suo cognome induce ad alimentare le speranze di salvezza. E’ un difensore con le palle, e oggi ha anche dimostrato di essere capace di segnare gol con un repertorio da attaccante puro. Ottimo acquisto. Imprescindibile anche lui. Bene anche Pennington, autore del gol-pareggio segnato al 90’ e vicino alla segnatura anche nella prima frazione di gioco. Ottima gara anche di Ogunseye: la traversa della porta del “Moccagatta” gli ha detto no, e sta ancora… vibrando.
Ahinoi, la difesa. Ancora tre gol (sono trenta in 23 gare: solo la Giana ha fatto peggio) sul groppone, e chi ha visto la partita si sarà sicuramente accorto di alcuni meccanismi che continuano a non funzionare in quel reparto. Lungi da noi, infierire in questa giornata di gloria, ma l’Olbia – giusto per citare una statistica – è la squadra di tutta la serie C che si è trovata in svantaggio per il maggior numero di volte (19). Le condizioni per rimettere a posto il pacchetto difensivo ci sono e ne escono rafforzate dopo questo pareggio in rimonta; il valore aggiunto ce lo metterà lo stesso Oscar Brevi che, quando calcava i campi di calcio, era proprio un (bravo) difensore. Domenica 2 febbraio (a cinque mesi esatti dall’ultimo successo dell’Olbia, sul campo del Siena) sarà una data importante…