
★ VIDEO ★ Dopo un giorno interno trascorso al di qua dell’area sterile del porto industriale di Olbia cercando di infilare le ottiche di telecamere e macchine fotografiche dentro gli spazi del fitto reticolo d’acciaio per documentare quanto stava accadendo a bordo della Alan Kurdi, siamo rientrati nelle nostre case veramente stanchi. Non per la fatica fisica ma per quanto abbiamo sentito durante queste lunghe 12 ore.
Perché ci si stanca ad ascoltare decine e decine di epiteti e insulti usciti di bocca a signori apparentemente per bene. Esci di casa pieno di entusiasmo e rientri carico energia negativa. Che stanchezza. E per una volta i leoni da tastiera non c’entrano. Qui infatti non si tratta di leoni ma di iene…proprio quelle che sembrano ridere sinistramente.
Ma che branco! Alcuni urlavano da lontano cose del tipo “bastardi, andate via non vi vogliamo” (ma a nome di chi parlavano?), altri si sono persino arrampicati alla barriera d’acciaio per gridare tutto l’odio che avevano in corpo contro questa povera gente che aveva una sola aspettativa e per giunta a brevissimo termine: sbarcare per sfuggire alla burrasca prevista per il fine settimana.
Un signore anziano alto circa 1,60 cm ci ha chiesto se li avrebbero fatti sbarcare davvero “quelli lì”, perché non voleva crederci. Ma come, la Francia non li vuole e ce li dobbiamo prendere noi? Glielo dico io cosa non va nel nostro Paese – mi dice -. I francesi sono tosti, noi in Italia non abbiamo le palle e ce li fanno tenere. Siamo pecore”. Poi gira lo sguardo verso la nave attraccata con le persone a bordo al riparo dalla pioggia sotto un telone improvvisato e gli urla contro “bastardi”. Ancora?
Poi è la volta di un gruppo di una ventina di persone affacciato nel terrazzo di un capannone industriale. Urlano in coro come allo stadio contro gli avversari. La squadra ospite è a bordo della nave e giù a forza di parolacce intervallati ad applausi verso le bandiere salviniane e i loro adepti collegati in diretta Facebook “sto documentando”, dice il parlamentare. Meno male, così siamo più tranquilli.
Le 125 persone sulla nave (56 sono bambini) sono ancora in balia del mare anche se la nave è ormeggiata. Non sanno che ne sarà di loro. Sono silenziosi e non hanno idea di come si metteranno le cose. Certamente vedono e sentono le urla ma probabilmente non conoscono il significato di “pezzi di m.”, bastardi (questa è la parola più ripetuta, chissà perché), “andate a fare in c.” e via sproloquiando.
Eppure non sono più in là di 50 metri. Tutti vediamo in faccia donne e uomini giovanissimi. Tutti vediamo soprattutto decine di bambini. Come si può urlare “bastardi” ai bambini. Li vedi, porca miseria, sono a poche decine di metri e continui a urlare. Ma non ti vergogni neanche un po’? Alcuni manifestanti, quelli più elettrici, gridano contro un minuscolo gruppetto di sostegno all’accoglienza: “Ti piacciono? Portateli a pranzo!”. Uno di questi ragazzi rilancia “vieni anche tu, mia mamma è brava a cucinare, così ti calmi e chiacchieriamo”. Non funziona. L’invito a pranzo non è un calmante. Anzi, il risultato è opposto.
Un altro signore si avvicina a noi mentre cominciano le operazioni di sbarco. “Vedete tutti quei bambini vicino a quella coppia? Mica sono figli loro…ma stai scherzando. Sono infiltrati e usano i bambini per arrivare in Europa”. Non ci facciamo mancare nulla in città. Neanche i complottisti. E non contento aggiunge. “Ora spero che infettino tutti quelli che gli stanno facendo il tampone, così imparano”. È vero. Da un po’ di tempo al disprezzo del colore della pelle va di moda aggiungere anche il fatto che sono portatori di Covid ad altissima carica virale. E magari hanno anche l’ebola visto che vengono dall’Africa.
Per fortuna, in mezzo al mare dello squallore, alcune belle immagini le abbiamo viste. Un paio di bambini con un foglio rosso sul quale hanno disegnato un cuore con la scritta welcome. Un “batti 5” tra un marinaio dell’equipaggio e un bambino che sta per scendere ed è felice. E poi (cercatela dentro il filmato che segue) una dottoressa del servizio di igiene pubblica che stringe a sé un bambino avvolto in una copertina e sembra tappargli le orecchie per non fargli sentire le cattiverie di alcuni indigeni di Sardegna. Per fortuna l’umanità sa emergere e sopravvivere. Lo fa senza parlare, senza urlare e senza esibirsi. Basta un gesto. Piccolo e tenero. Bellissimo. Di seguito il video dedicato alle Forze dell’Ordine: