
Ciao a tutti (meno uno, forse due, o anche tre). Il 2020 si è consumato con esasperante lentezza, senza lasciare sul tappeto neanche un briciolo di rimpianti. Un amico intelligente al quale non manca uno spiccato senso dell’ironia (anche quando questa è tinta di amarezza) l’ha definito proprio oggi l’anno torto, e ha ragione da vendere. Compreso il doppiosenso.
Il virus maledetto, i morti ammazzati dalla pandemia; l’improvvisazione di chi, all’inizio, ne ha sottovalutato gli effetti nefasti; la pletora di scienziati (sic) che ci hanno raccontato e raccomandato tutto e il suo contrario; la valanga di decreti, spesso contraddittori, rovesciati sulle spalle gracili di milioni di italiani indifesi;
le mascherine, gli assembramenti, le discoteche affollate, gli untori venuti dalla penisola, i passaporti sanitari proposti e bocciati. Tutte immagini che si affastellano nella nostra mente e che rimarranno incollate nel nostro cervello per tutta la vita.
Non è andata bene, quest’annata: anno bisesto, anno funesto. Mai questo detto è stato calzante come negli ultimi 366 giorni. Ci hanno lasciato degli amici, dei cari conoscenti, gente ancora giovane, con tanta voglia di vivere.
Non ci sono più alcuni geni come Ennio Morricone, Diego Armando Maradona, Paolo Rossi, Mariolino Corso, Luis Sepulveda, Ezio Bosso, Sean Connery, Kirk Douglas, l’immenso Gigi Proietti, Franca Valeri, Sergio Zavoli, Gianni Mura, Arrigo Levi.
C’è ancora molto da fare, nel 2021. L’Italia andrà meglio quando la lotta politica rientrerà nell’alveo naturale del confronto civile (anche duro, serrato), scevro da personalismi e contrapposizioni spesso strumentali che già tanti guai hanno generato.
E la Sardegna andrà meglio quando sarà possibile risparmiare davvero sul costo dell’energia e i sardi potranno sentirsi finalmente uguali a chi vive nella penisola. La Sardegna andrà meglio quando verrà cancellato l’ignominioso record della disoccupazione giovanile e quando l’insularità non sarà un peso, quasi fosse una nostra colpa vivere in un territorio circondato dal mare, sotto tutti i punti di vista.
La Sardegna andrà meglio quando cesseranno l’odio e l’invidia (che come sottolineò anche qualche illustre pensatore agli inizi del secolo scorso “uccide più della malaria”), e i sardi potranno davvero contare sulla loro autodeterminazione, senza dover dipendere per forza da qualcuno o da qualcosa.
La Sardegna andrà meglio quando il turismo diventerà davvero una fabbrica intelligente, capace di generare redditi e migliorare davvero il Pil isolano, di attrarre vacanzieri ma anche investimenti, con presenze importanti per almeno sei mesi all’anno.
E Olbia? Ogniqualvolta ci si trova alla vigilia delle elezioni, si dice che “sono decisive”. Quelle del 2021, sfuggono alla regola? Penso che siano molto importanti, davvero determinanti per disegnare il futuro di Olbia, dopo la maledetta pandemia che ha falcidiato imprese e famiglie e imposto sacrifici immani.
I pretendenti al trono, per ora, sono pochini. Anzi, ufficialmente ce n’è solo uno. Il resto del mondo si ritrova (sic) in una maxi coalizione trasversale, con elementi di centrosinistra che fanno gruppo con altri di provenienza opposta che sostengono di rappresentare quella fetta di elettorato non propizia a confermare il consenso per Settimo Nizzi.
Se in politica, come nella vita, i risultati sono l’unica cosa che conta, a tutt’oggi questo composito raggruppamento non ha ancora trovato la sintesi, e dunque manca il nome dell’uomo (o della donna: ipotesi suggestiva, questa, alla quale in fondo credono in pochi) che possa impedire al sindaco uscente di festeggiare il ventennio di governo al quale lui mira, per poi ritirarsi a portare i nipotini ai giardinetti (nessuno crede che lo farà).
Prevedere come andrà a finire, nel 2021, è impresa titanica, possibile solo se si posseggono arti divinatorie o una potente sfera di cristallo. A prescindere dal risultato, sarebbe bene che Olbia – una delle pochissime realtà che in Sardegna crescono, e non pagano prezzi salati allo spopolamento devastante; una città che sa accogliere, ospitare genti dalla provenienza più disparata – venisse trattata bene, con l’amore che merita, senza egoismi e senza anteporre interessi di bottega a quelli di un benessere diffuso che infonda agli olbiesi (e alle sue decine di etnìe) serenità e felicità come racconta l’origine greca del suo nome.
Trattatela bene, trattiamola bene. Ciao a tutti (meno uno, forse due, o anche tre).