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A due anni dalla morte di Ivan Valente, parla il padre Nicolò: “Ho ancora tanta rabbia in corpo”.

1 Ottobre 2019 ore 22:06 di Mauro Orrù   

Nicolò e Ivan Valente. Sullo sfondo l'auto in cui il 27enne perse la vita.

L’ 8 settembre 2017 in un tragico incidente stradale avvenuto a pochi metri dalla sua casa di Suiles (tra Olbia e Golfo Aranci) perdeva la vita Ivan Valente. Usciva da un incrocio a bordo di una Opel Corsa quando un CMax centrava in pieno la sua auto sfondando il lato guida e spingendo la piccola utilitaria per oltre 30 metri. La vita di Ivan si spezzò in meno un secondo e da quel momento i suoi genitori vivono come fantasmi.

“Non esistono parole giuste o di consolazione, che possano alleviare l’immenso dolore per la perdita di un figlio, ma spero almeno di riuscire a dare giustizia a Ivan e di attenuare quel senso di rabbia che mi accompagna in ogni momento”. Parole del padre di Ivan, Nicolò Valente che da quel tragico 8 settembre sopravvive alternando disperazione per la mancanza di un figlio di 27 anni ad autentici momenti di ira per una Giustizia lenta oltre che “ingiusta”.

Nicolò Valente sta combattendo la sua battaglia, diventata, giocoforza, ragione di vita. Sono tante le domande che tormentano la sua vita dopo la perdita del figlio.

“Saremo in Tribunale il prossimo 8 ottobre dinanzi al GUP per l’indagine  preliminare – dice Nicolò Valente – con la speranza che il giudice faccia decadere il patteggiamento (ottenuto dal conducente del CMax, ndr) e rimandare il caso in dibattimento”.

Nicolò non si da pace perché tra le mille domande ancora aperte non capisce perché al conducente dell’auto, uscito indenne dall’incidente, “non gli è stata ritirata la patente né al momento dello scontro mortale e neanche dopo la perizia effettuata per conto della Procura della Repubblica del Tribunale di Tempio Pausania che accertava tutte le responsabilità dell’autista del CMax per aver guidato il proprio veicolo ad una velocità di oltre 100Km/h nella rampa che porta a Suiles.

Perché – si chiede Valente – gli è stato accordato il patteggiamento a due anni, due mesi e venti giorni di reclusione con il beneficio delle attenuanti e della sospensione condizionale della pena?  – E ancora – Perché nei rilievi è stato dato il 70% della colpa a mio figlio quando era chiara la responsabilità?

Domande che martellano il suo cervello che lo fanno vivere in un limbo. In attesa dell’otto di ottobre Nicolò Valente chiude dicendo “non voglio pensare a nient’altro che a una lunga serie di errori fin qui commessi. Voglio, invece, puntare tutto sulla Giustizia che possa assicurare le reali responsabilità in funzione di un rispetto giusto nei confronti di mio figlio, dei suoi familiari e di tutte le persone che gli hanno voluto bene durante la sua brevissima esistenza”.

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