Quanto è capitato due notti fa a Olbia nell’incidente che ha visto protagonista Marco Perissinotto, il motociclista 22enne scontratosi frontalmente con una BMW che ha invaso la sua corsia, poteva essere una delle tante storie che le cronache raccontano e lasciano alle spalle. Marco oggi sta meglio. Con tutte le cautele del caso i medici si dichiarano ottimisti. Il ragazzo, dopo un lungo intervento durato circa 10 ore da parte dell’equipe medica guidata dal dott. Peppino Mela, se la caverà.
Il suo femore spezzato poco sopra il ginocchio refertato come “lesione sporca” è stato ricomposto chirurgicamente così come il braccio con l’inserimento di placche a sostituire radio e ulna. Intorno alle 23:15 di martedì scorso, era giunto in ospedale in uno stato molto vicino al coma ma la sua giovane e solida tempra ha avuto la meglio sui gravi danni fisici. Appena le condizioni cliniche lo consentiranno riceverà la visita di una persona speciale. Si chiama Pietro Usai, lavora all’Eurospin in zona industriale, a poca distanza dal luogo dell’incidente. Se Marco è vivo, in parte lo deve a lui. Pietro, per chi crede che le casualità non esistano, è il suo angelo.
La sua testimonianza l’abbiamo riportata nel servizio di cronaca pubblicato la notte stessa dell’incidente: “Ho visto il conducente fuori dall’auto che diceva di aver evitato una moto. Ho chiamato i Vigili del Fuoco perché pensavo non fosse coinvolto nessun altro. Appena ho riattaccato – ha raccontato Pietro – ho sentito un lamento provenire dalla scarpata e ho visto un faro acceso allora ho richiamato chiedendo che intervenisse urgentemente un ambulanza”. Il resto è la cronaca legata al recupero di Marco da parte dei Vigili del Fuoco che lo hanno imbragato e riportato sulla strada e alla corsa in ospedale dell’ambulanza.
Pietro Usai stava rientrando a casa. Ha visto la BMW conficcata nel guardrail e, a differenza di altri passanti in macchina, si è fermato. Come ci ha raccontato, il conducente dell’auto (che risulterà positivo all’alcol test) gli ha detto di aver evitato una moto. Pietro, lì per lì, ha pensato che il motociclista fantasma, una volta scampato il pericolo, si fosse allontanato per non avere grane. A quel punto ha chiamato i Vigili del Fuoco. Subito dopo quella prima telefonata, mentre camminava con il cellulare in mano, ha sentito un lamento provenire dal pendio.
Nel silenzio totale, con il conducente della BMW a distanza di qualche metro, è stato l’attimo in cui la vita di Marco Perissinotto, scaraventato tra gli arbusti con un braccio fratturato e il femore spezzato che aveva già reciso muscoli e tendini fino a spuntare dalla coscia, è rimasta appesa a quel flebile urlo di disperazione. Inutile fare troppe congetture. Forse, se non ci fosse stato Pietro, Marco sarebbe arrivato tardi al pronto soccorso o peggio, il suo cuore avrebbe potuto smettere di battere nel buio della scarpata. Come era successo ai giovani genitori di Marco il 4 aprile del 2006, in circostanze drammaticamente simili.
Il padre Armando, pilota di Meridiana e poi di Volare e la madre Paola, persero la vita anche loro a bordo di una moto. Furono travolti da un’autovettura che procedeva in senso contrario nella periferia di Verona guidata da un uomo ubriaco. Da allora Marco vive a Olbia con lo zio che lo ha accolto nella sua casa insieme al fratello più grande, Maurizio, diventato pilota della Qatar Airline
Se oggi Marco è vivo, in gran parte lo deve a Pietro, l’eroe silenzioso, l’uomo del caso. Per chi crede negli angeli, quelli che dalle porte girevoli della vita escono per trovarsi al momento giusto nel posto giusto, magari inviati da qualcuno, Pietro è uno di loro.