OLBIA. Manuel González lascia la maglia da calciatore per indossare la giacca di direttore dell’area tecnica dell’Olbia Calcio. Una scelta coraggiosa, frutto di una profonda consapevolezza: il desiderio di vivere il calcio in un modo diverso e il piacere di stabilirsi con tutta la famiglia ad Olbia.
Una decisione significativa anche dal punto di vista economico, in quanto, dopo un’attenta riflessione, ha rinunciato a un contratto importante per firmarne uno ben più modesto rispetto alle precedenti spettanze da giocatore.Oggi, con la semplicità e la determinazione di chi ha deciso cosa fare da grande, Manuel Gonzalez si è presentato in sala stampa per ufficializzare il nuovo ruolo e rispondere alle domande dei giornalisti.
Parte con la voce rotta un po’ dall’emozione, augura buon anno a tutti e soprattutto auspica una ripresa per i tifosi olbiesi e per tutta la città di Olbia. Nel 2008 il suo primo contratto da professionista, poi una lunga carriera nei campi argentini, inglesi e italiani, infine, quest’anno, durante un allenamento sente che è arrivato il momento di smettere.
Finisce l’allenamento, si presenta da Ze Maria e comunica di voler chiudere l’esperienza da calciatore. Nell’occasione annuncia al tecnico che vorrebbe un ruolo sempre nell’ambito del calcio ma non più all’interno del rettangolo di gioco. Nel frattanto mette radici a Olbia dove dichiara di stabilirsi. Prima i contatti con il mister, poi i colloqui con la proprietà per approdare alla direzione area tecnica dei bianchi, un ruolo al momento scoperto. Dopo questi colloqui capisce che c’è un progetto di cui fidarsi e a quel punto la decisione.
In cosa consiste il progetto dell’Olbia e poi quali sono i rapporti che si instaurano tra la figura del Direttore Area Tecnica, la squadra e la società?
“Sono consapevole che in passato sono stati fatti degli errori sia per inesperienza che dal punto di vista personale di ciascuno di noi. Questo è il punto di partenza, fermo restando che gli errori fatti non partono dalla malafede, ecco in futuro si dovrà evitare il ripetersi di questi sbagli. Io ancora non posso fare il direttore sportivo però mi impegnerò per stare vicino al mister e fare da tramite tra squadra, staff e società”.
Cosa ti spaventa di più in questo ruolo e quale pensi sia il tuo punto di forza?
“La cosa che mi fa più paura – sono sincero – è l’incertezza di non avere alle spalle una solidità economica. Questa è la prima cosa che ho detto alla proprietà; se non esiste solidità economica non si può fare niente. Sappiamo tutti che questo è un momento di difficoltà e che si risolverà presto. Invece, relativamente al mio punto di forza, posso dire che io da quando sono nato sono sempre stato in uno spogliatoio per cui se mi chiedi se riesco a leggere il clima di uno spogliatoio posso dire che sono in condizioni di mettere a posto le cose che non vanno”.
Ma in sostanza da domani cosa farai?
“Intanto diciamo che ho già iniziato a fare da tramite tra proprietà e squadra. Per esempio, comunicare alla società quali sono le carenze tecniche strutturali, le esigenze dei calciatori. Questo lavoro fino a oggi veniva svolto in parte da società e mister. La società voleva che ci fosse un responsabile di tutto ciò che ruota attorno all’area tecnica”.
Che effetto fa, passare da indossare la maglia d’allenamento alla giacca da direttore tecnico?
“Devo dire che stare a bordo campo e guardare l’allenamento mi consente di vedere le problematiche da un’altra prospettiva. In questi giorni ho avuto modo già di vivere alcune situazioni nel rispetto dei miei ex compagni e in totale chiarezza con la società”.
La squadra e la società sono consapevoli della disfatta di quest’anno?
“Certo che sono tutti consapevoli come lo ero io quando sono arrivato. Sembra strano ma appena sono arrivato mi sono reso conto che questa era una squadra che aveva dei problemi. Questa non poteva essere una squadra da alta classifica dirlo ora è facile, ma questa era la sensazione ad inizio di campionato. Anche la società conosce bene la situazione e se non si cambia sarà davvero dura, spero non sia troppo tardi”.
Qual è il comparto più delicato su cui bisogna intervenire?
“In questo momento penso sia la testa dei ragazzi. Dopo tutto quello che è successo, uscire da queste situazioni non è semplice. In sedici anni di carriera qui ho visto cose che non avevo mai visto”.
In questi giorni si parla tanto del ritorno di Daniele Ragatzu.
“Ma io generalmente non credo nei miracoli anche se delle volte possono capitare, siamo vicini ad un accordo ma ci sono ancora dettagli da limare. Se tutti andiamo nella stessa direzione si può fare”.