Ai più sembrerà una questione di lana caprina ma “sentire” e “vedere” sono condizioni assai differenti, non solo della comune dialettica, ma soprattutto nella premessa delle ordinanze firmate da un sindaco o da un governatore. Perché, come ci ha fatto notare un professionista avvezzo al trattamento di carte legali e abituato a dipanare terminologie tecniche, la famigerata ordinanza che sanciva l’apertura delle discoteche in Sardegna firmata da Christian Solinas, dice “sentito il parere del comitato tecnico scientifico” e non “visto”.
SENTIRE NON È VEDERE. É prassi per un sindaco o un governatore siglare un’ordinanza mettendo in premessa le carte sulle quali poggia il provvedimento stesso. E, guarda caso, nell’ordinanza dell’11 agosto c’è un solo “sentito” tra i ben 22 “visto”. Per logica se ci fosse stato davvero un documento favorevole all’apertura delle discoteche scritto e firmato dal fantomatico comitato dei saggi, il “sentito” si sarebbe certamente trasformato in un “visto”. Invece il termine “sentito” viene usato proprio in quell’unica circostanza. E non può essere un caso. E anche il secondo riferimento dello stesso documento è coerente: “Acquisito il parere del comitato…”. Dialetticamente ci sta che si possa acquisire un parere dato a voce.
MA NON C’ERA NESSUNA URGENZA. Poniamo il caso che un sindaco o un presidente di Regione debba emettere velocemente un provvedimento a salvaguardia della salute pubblica e non ci siano i tempi materiali per inserire un documento tecnico in un’ordinanza contingibile e urgente. Per fare un esempio: se c’è stato un incendio in una discarica e la nube di fumo rende l’aria irrespirabile, il responsabile di settore della Assl, giunto sul posto, avverte per telefono il sindaco o il governatore di un pericolo immediato per la salute pubblica. A quel punto, un’ipotetica ordinanza di chiusura dell’area, riporterà correttamente “sentito il parere della Assl…” non, “visto il parere…”. In questo caso non c’è tempo per produrre una relazione da allegare. Ma l’11 agosto non c’era nessuna urgenza. C’era una pandemia conclamata a livello planetario da mesi. Un’ora prima, un giorno prima o anche una settimana prima, la situazione era praticamente la stessa.
DERESPONSABILIZZAZIONE. Diciamola tutta. Quel parere, anche solo “sentito” era utile per scaricare la responsabilità politica di un provvedimento decisamente impopolare in quel momento. I sardi, specie dopo il caso di Carloforte in cui proprio l’11 agosto si registrarono per la prima volta in una discoteca tre ragazzi positivi al Covid, chiedevano a gran voce la chiusura della movida. Per cui, utilizzare il parere di un comitato scientifico per favorire il turismo e gli affari delle discoteche, specie quelle della Gallura, rischiando di mettere a repentaglio la salute pubblica, era fondamentale per poter alzare le braccia: “Siamo costretti a tenere aperte le discoteche. Ce l’hanno detto gli scienziati”. É così che la politica ha potuto segnare il passo e favorire le lobby dell’industria del divertimento, come è avvenuto, a discapito della salute pubblica. Un po’ come ha scritto a spray nel muro di viale Trento a Cagliari quell’anonimo maestro di sintesi: “Avete preferito il Billionaire alla nostra salute”.
UN’ALTRA INTERROGAZIONE. Dopo quella puntuale di Zedda datata 12 maggio (il giorno dopo l’ordinanza di Solinas, c’è voluto Report a far avviare una seconda interrogazione, questa volta parlamentare, anche se dopo circa cento giorni, da parte del deputato Marino. Siamo pronti a scommettere che quel documento non salterà fuori, semplicemente perché non c’è mai stato. D’altronde il parere su cui poggiava l’ordinanza era stato sentito non visto. E come si sa: verba volant…