LOIRI PORTO SAN PAOLO. Una ricerca lunga e minuziosa. Lo studio delle fonti, l’analisi e l’interpretazione delle fotografie, i racconti degli anziani, per arrivare alla fedele ricostruzione degli abiti di Loiri Porto San Paolo dell’Ottocento e primi del Novecento. È il lavoro di Roberta Lacana, medico con la passione delle tradizioni culturali e dell’archeologa Paola Mancini, presentato nel corso del Consiglio comunale di Loiri Porto San Paolo.
Davanti a un numeroso e appassionato pubblico sono state presentate due tipologie di abbigliamento tradizionale in uso nel territorio del Comune in due archi temporali ben distinti: il primo compreso tra il 1830 e il 1880 circa e il secondo compreso tra il 1880 e il 1930.
Per lo studio dell’abbigliamento femminile in uso a metà ‘800 è stata fondamentale l’analisi dell’abito nuziale appartenuto a Paola Quaglioni di Montelittu, esposto nell’aula consiliare, custodito da Paola Mancini, sua discendente, ritenuto l’abito più antico arrivato fino ai nostri giorni.
Due giovani modelle hanno indossato l’abito ricostruito fedelmente sulla base di una ricerca attenta e rigorosa. Dal camicione lungo fino ai piedi senza fronzoli all’ampia gonna di colore verde con preziosi ricami di pavoncelle e asfodeli che si adattava al fisico dalla donna anche in gravidanza. La cintura in seta policroma con una coccarda e sopra la giacchetta scarlatta a maniche chiuse con il ricamo posteriore a zampe di mosca. Sopra lo scialle piegato a triangolo. E per finire il copricapo avvolto come un turbante. Monili essenziali, orecchini lunghi e l’immancabile rosario.
Il secondo abito, novecentesco, perde i colori sgargianti del precedente e la moda subisce l’influenza della penisola. Elemento caratteristico dell’abito è la “capitta”, la gonna in miniatura che si portava sopra la testa. Questa nell’800 era un indumento di foggia ordinaria ma nel tempo si è impreziosita passando dall’orbace alla seta anche damascata.
Per quanto riguarda l’abito maschile, anche questo simile in tutta la Gallura, le due studiose hanno recuperato la berritta originale indossata Raimondo Bonacossa.
“Sono contenta che l’amministrazione comunale abbia creduto in questo progetto – ha detto Roberta Lacana -. È importante capire che in Gallura, di cui il nostro paese fa orgogliosamente parte, si condivideva non solo il sistema di vita ma anche il vestimentario per la maggior parte delle donne. Tutte vestivano, più o meno, allo stesso modo. Non dobbiamo dimenticare che la cultura degli stazzi si basava sulla transumanza e questo favoriva gli scambi da un paese all’altro”.
“Per il nostro territorio il recupero e la ricostruzione di questi due abiti è una tappa storica – ha detto Paola Mancini -. In questi tempi è difficile parlare di cultura ma vedere tanti giovani, come Roberta Lacana, che hanno voglia di partecipare attivamente ad iniziative come questa ci rende felici. Grazie a tutte le famiglie che hanno contribuito e che contribuiranno perchè questo lavoro è solo l’inizio di un percorso cominciato tanti anni fa. È un cammino che va avanti nel tempo.”
“La ricerca è in continua evoluzione – ha dichiarato il sindaco Francesco Lai -. Lo studio presentato oggi è una prima tappa di un percorso che ci condurrà alla realizzazione di un disciplinare per l’approvazione dell’abito storico del nostro Comune”.