
Un gruppo di facinorosi (per la loro assidua frequentazione del luogo, tutti volti noti alla giustizia) composto all’incirca da quattro sgherri di anni cinque, altri quattro affiliati di anni undici, un altro paio con simil barbe da tredicenni, e ben quattro over quaranta (fondamentalmente fiancheggiatori dei suddetti, nei ruoli di sedicenti padri e zii), è penetrato all’interno della green zone della scuola media di via veronese e dopo aver proditoriamente ripulito il campo da pallacanestro e aggiustato le retine, ne ha preso possesso in via definitiva organizzando un sospetto assembramento di gruppo chiamato in codice: partita. Non era la prima volta.
Nel rispetto dei fatti va riconosciuto che l’intera gang, e nello specifico la sua componente minorenne (minorile?), non si limitava a “giocare a basket” ma lo faceva, orribile dictu, a voce alta. Qualcuno rideva, perfino. Qualcuno sudava.
A tutto questo ordire e malversare è stato posto termine dal perentorio e, occorre dire, coraggioso intervento di una pattuglia motorizzata della polizia locale, che su anonima ma legittima segnalazione di cittadini perfino migliori di noi, ha ristabilito prontamente ordine e ambiti del diritto. Naturalmente, facendo nient’altro che il proprio dovere, e di conseguenza ogni problema di coscienza si dà per risolto.
“Partita” interrotta, malavitosi esplulsi, minaccia sventata.
E’ chiaro che come cittadini siamo entusiasti della prontezza con cui l’amministrazione pubblica ha dato seguito alle direttive scaturite dal recente vertice anticriminalità. Il nostro senso civico – luterano per ispirazione e renano per applicazione – se ne compiace.
Ora, perché è giusto segnalare questo episodio di scorrettezza da parte di una componente minoritaria e così dolosamente turpe della cittadinanza?
Perché, e va riconosciuto, l’amministrazione pubblica di questa città ha un penchant invincibile per la tutela delle prime necessità ludiche e/o motorie dei più giovani. Se poi sono giovanissimi, questa dedizione aumenta. Tutto il territorio comunale è ridondante di strutture sportive pubbliche messe a disposizione della cittadinanza. Si badi, parliamo di cittadini non votanti per lo più in età scolare e di strutture sportive pubbliche che per numero, qualità, tipologia, disponibilità, facile e libero accesso, siano nella completa e responsabile disponibilità di ciascuno di noi.
Quindi, salta agli occhi come la presa di possesso del campo da basket sia stata un sopruso volgare, gratuito, inutile e violento, un intollerabile atto di disobbedienza civile nei confronti di un’autorità pubblica competente, propositiva, attenta, le cui capacità di programmazione sono vanto per un vasto bacino elettorale.
Resta da evadere una questione di logica pura vigliaccamente sollevata da Francesco, dieci anni, che decide così di mettere in mora le profonde convinzioni ideologiche, nonché la solidità, della sua delusa e deludente figura paterna: “Babbo, e adesso dove andiamo a fare due tiri a basket?”.
Al sindaco e all’assessore allo sport il piacere speculativo di dare una risposta a Francesco. (Per amore di forma, segnaliamo all’assessore che non abbiamo alcuna intenzione di indire conferenze stampa di qualsivoglia natura. Manchiamo anche della volontà di organizzare premiazioni con coktail annesso. No formal attire.)
Cordiali saluti, Mauro Canu
Post scriptum: il meccanismo burocratico di autorizzazione formale per avere accesso alla struttura sportiva non è stato mai messo in moto. Per cui anticipiamo l’ovvia risposta, a chiunque spetti, e ci dichiariamo preventivamente e collettivamente colpevoli. Coscienze professionali, previsioni normative, ordini gerachici non sembrano aver dato problemi. Resta lo stupore per una colossale assenza di buon senso e per la sua discrezionale applicazione quotidiana.