Scrivo per far presente la pessima situazione di Olbia dove, finito il red valley, ci pensano i locali a tenere svegli i residenti. La nostra città è probabilmente l’unico luogo in Italia dove è permesso fare musica sino alle due di notte secondo un’ordinanza comunale, l’ultimo regalino della scorsa campagna elettorale.
Se già l’idea delle due di notte è fantascienza, pare che la regola sia uguale dappertutto: il centro o la zona industriale sono la stessa cosa che viale Aldo Moro o un quartiere residenziale.
Una trovata come questa funzionerebbe in un mondo dove la maggioranza della popolazione non deve alzarsi alle 7:00 del mattino per andare a lavoro il giorno seguente, o magari alle 5:00. Nell’ultimo caso la matematica è persino roba da scuole elementari: sono tre in tutto le ore di sonno rimaste alla persona.
Eppure si pretende lo stesso di trovare il giornale in edicola, il maestro in classe o il supermercato aperto alle 9:00, ci si aspetta che in banca si troverà l’impiegato puntuale e l’autista bello fresco alla guida del mezzo.
Chiamare le forze dell’ordine per risolvere questo problema è utile quanto andare al pronto soccorso. Dicono che passano, ma è il rumore che continua a non passare. Chi decide di fregarsene e solleva il volume lo fa perché tanto sa che resterà impunito.
Il messaggio è chiaro: se non rispetti gli altri verrai comunque tollerato da uno Stato debole e arbitrario. Ma vorrei ricordare la sentenza della corte di cassazione di maggio 2023, anch’essa assolutamente chiara in merito: i residenti che non riescono a dormire di notte per il rumore hanno diritto al risarcimento.
Il Comune è ritenuto il responsabile di tale danno.