A Olbia, nella primaziale di San Paolo, torna s’Iscravamentu, la rappresentazione della Deposizione del Signore celebrata in lingua sarda, giunta quest’anno all’undicesima edizione. Una tradizione che si innesta nella Settimana Santa e che rinnova un legame profondo tra fede, lingua e cultura.
“Questo è l’undicesimo anno nel quale si svolge in limba s’iscravamentu – spiega don Giovanni Satta, parroco della chiesa di San Paolo Apostolo -. Nel linguaggio tecnico, si tratta di una espressione di pietà popolare, una paraliturgia”.
Al centro della celebrazione, il triduo pasquale: Passione, Morte e Risurrezione del Signore. Un momento vissuto dalla Confraternita di Santa Croce, che anima la liturgia e la paraliturgia insieme alla comunità parrocchiale. Il rito è accompagnato da movimenti e linguaggi che affondano le radici nella tradizione popolare.
“Dal 2015 il commento della Deposizione, lo schiodamento, viene proposto in lingua sarda – continua don Satta -. Per due volte lo abbiamo ascoltato anche in gallurese con don Raimondo Satta e don Paolo Pala. La proposta della lingua logudorese è l’attualizzazione della lingua materna, il primo linguaggio che parte dal cuore e arriva alla testa”.
L’obiettivo non è solo mantenere viva la tradizione, ma anche offrire una riflessione profonda e autentica sul mistero cristiano. “Il crocifisso parla il linguaggio muto dell’assurdo, del non senso, della follia lucida dei poteri terreni. Il crocifisso, uno sulle spalle del quale si scarica tutto il male del mondo. È naturale per chi soffre, patisce e subisce lo scandalo del dolore identificarsi come un povero Xto”.
Il rito, secondo il parroco, è immediatamente comprensibile perché tocca corde universali. “La popolarità de s’iscravamentu in Sardegna è legata storicamente ad una condizione di minorità, di povertà, di dipendenza, di malattia, di dolore. Ma lo scandalo della Croce insieme al mistero di oscurità, per ogni uomo, per il credente, quelle ferite diventano le feritoie attraverso cui filtra la luce di un nuovo giorno”.
Quest’anno, per la prima volta, il commento è stato affidato a una voce femminile. “Sì proprio tutti, poiché quest’anno inopinatamente ho affidato il commento ad una donna. Un altro taglio, un’altra sensibilità, un’altra prospettiva: al femminile. Quella di Maria Antonietta Mongiu, pattadese. Ci aiuterà a leggere la storia alla luce della: Stabat Mater dolorosa, iusta crucem lacrimosa, dum pendebat Filius”.
Un evento che continua a rinnovarsi, coinvolgendo anche i laici. “Il nostro Iscravamentu un miracolo l’ha già fatto. Sono già stati due i commentatori laici: Bandinu e Fois. Hanno fatto rimbombare quella parola e sapienza antica della croce. Eppure nuova, che schioda da schemi fissi del pensare e dell’agire”.
Infine, don Satta ricorda lo spirito che guida l’intero rito. “Ho sempre chiesto al commentatore di non rimanere soffocati nel grido disperato che Dio è morto! È mortu su Segnore! Ma di aprire il silenzio del venerdì santo alla Speranza”.
Ecco la locandina della Settimana Santa di Olbia