Da circa un mese la sua vita è appesa ad un filo sottilissimo nel suo letto del reparto di rianimazione del Giovanni Paolo II di Olbia. Gavino Carta, 56 anni, molto conosciuto in città per il suo animo sensibile e garbato, si trovava in aeroporto, la sua seconda casa, quando, improvvisamente, si è accasciato al suolo in stato di incoscienza. Arresto cardiaco.
Malgrado i lunghi e ripetuti tentativi di rianimarlo da parte di Gianfranco e altri soccorritori della Fast che operano nello scalo, Gavino non ha mai, neanche per un secondo, ripreso conoscenza.
La corsa verso il Pronto Soccorso, il codice di massima gravità, l’attivazione dei sanitari d’urgenza, non sono serviti a nulla. Il posto in rianimazione lo ha lanciato nell’arena dove la lotta tra la vita e la morte si fa più dura, dove occorre essere corazzati e con un fisico da gladiatore in attesa che il cervello sia pronto a risvegliasi agli stimoli più familiari.
Un destino terribile per “l’uomo dell’aeroporto” che praticamente viveva lì senza una ragione se non quella di avere tanti amici per trascorrerci insieme un po’ di tempo. Gavino ce la può fare malgrado il quadro clinico non mostri alcun segnale incoraggiante tanto che il suo stato viene drammaticamente definito “vegetativo” a sottolineare la mancanza di coscienza e di qualsiasi movimento.
La vita di Gavino è nelle mani di Dio. Nessuno, tra i tanti che lo conoscono, si vuole rassegnare. I suoi familiari lo aspettano a Olbia e a Pisa dove vivono una sorella e un cognato in costante contatto con i medici del reparto in attesa di un segnale, di un piccolo movimento, di raggio di luce che fughi il buio e il vuoto del suo stato.
E lo aspettano i tanti dipendenti di Geasar in aeroporto per due chiacchiere, per due passi insieme, per riprendere quella piacevole routine che per lui è la meta di salvezza. Forza Gavino.