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Bruno Nespoli in città, sulle tracce dello zio, mitico portiere dell’Olbia, di cui porta il nome

19 Luglio 2015 ore 15:45 di Mauro Orrù   



Si chiama Bruno Nespoli, esattamente come quello zio che ancora tutti ricordano, alla cui memoria è intitolato lo stadio comunale di Olbia.  “Sia a Sansepolcro dove vivo, sia qui a Olbia dove mi trovo in vacanza, la gente di una certa età, appena sente il mio nome, mi racconta qualche particolare della vita, purtroppo breve, e della tragica fine del fratello di mio padre. Io non  l’ho conosciuto perché  è morto nel 1960 e io sono nato 6 anni dopo, ma mi hanno sempre parlato molto di lui”.  Queste parole di Bruno Nespoli, che abbiamo intervistato a Olbia, sono state immediatamente confermate da un incontro, del tutto casuale, con Umberto Ruggiu che, quella maledetta domenica, assistette allo scontro risultato fatale per il ventiduenne portiere dei bianchi.

 

Grande è stata l’emozione di Bruno Nespoli nell’ascoltare il racconto commosso di Ruggiu che riportiamo: “Avevo solo undici anni e tuo zio era il mio idolo. Quel giorno con un gruppetto di amici eravamo andati alle Casermette di via Mameli. Proprio la chiamata alle armi aveva portato a Olbia Bruno Nespoli che, dall’autunno 1959, si divideva  tra il servizio militare nella gloriosa Brigata Sassari e la squadra bianca allora impegnata nella serie D.

 

Per non arrivare in ritardo al campo, Nespoli era saltato dalla finestra della Caserma e aveva lanciato la borsa a noi ragazzini che l’avevamo portata allo stadio. Come sempre, ci eravamo sistemati dietro la porta del nostro portiere e mi ricordo perfettamente il cordiale saluto, prima della partita contro la Carrarese, tra Bruno Nespoli e l’attaccante ospite Schamos.

 

Ancora vivo nella mia memoria, il momento dello scontro: un cross da destra verso il centro. Bruno è uscito al volo; in contemporanea sono arrivati lui, il pallone e Schamos. Mi vengono in brividi se ripenso al rumore sordo del colpo; alla vista del giovane portiere che, dopo aver afferrato il pallone, si è leggermente sollevato e poi si è accasciato; al suono angosciante della sirena con l’ambulanza diretta all’ospedale dove, dopo 12 ore, il nostro  portiere, che aveva riportato la frattura della base cranica, morì a soli 22 anni, il 25 gennaio 1960, senza riprendere conoscenza”. 

 

“E io ero ancora un bambino – è intervenuto Bruno Nespoli – quando mi hanno mostrato la fotografia della folla immensa che accompagnava all’Isola Bianca di Olbia il feretro di  mio zio, per l’ultimo viaggio verso la sua Toscana, a Sansepolcro, il nostro paese, dove era nato, il 5 dicembre 1936. 

 

Oltre ad essere un bravo atleta che, finito il servizio militare, era stato chiamato dalla Fiorentina per un provino, era un ragazzo molto generoso, simpatico e disponibile. Così lo descrivono tutti quelli che lo hanno conosciuto e tanti olbiesi, con le loro testimonianze, mi hanno permesso di farmi un’idea più precisa della sua figura, della sua personalità e del periodo da lui trascorso ad Olbia, città nella quale si era trovato benissimo. 

 

Mi ha fatto anche piacere la notizia ricevuta in queste ore dall’assessore allo Sport Gesuino Achenza.  Nei prossimi mesi la lapide che ricorda Bruno Nespoli verrà restaurata e trasferita all’ingresso della tribuna centrale dello stadio a lui intitolato, accanto a quella dedicata al Presidentissimo Elio Pintus. L’amministrazione comunale  ha manifestato l’intenzione di tributare uguale riconoscimento ad un’altra grande figura del calcio olbiese: il compianto Bruno Selleri”.  

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