OLBIA. Con il passare delle ore si riducono le speranze di trovare in vita il marinaio senegalese di 41 anni che era a bordo del peschereccio Ale Max 2 di base a Golfo Aranci disintegrato dopo l’impatto con la prua del traghetto Sharden del gruppo Moby. Il destino dell’uomo, padre di tre figli con famiglia in Senegal, è appeso a un filo. Intanto il fulcro delle indagini si sposta da Olbia a Tempio. Il procuratore Gregorio Capasso, infatti, ha avocato a sé l’inchiesta. Sarà fondamentale l’esame del VDR (Voyage Data Recorder), l’equivalente della scatola nera degli aerei.
Mario Langiu, 28 anni, giovanissimo ma esperto comandante del peschereccio, sta bene. È conscio di essere vivo per miracolo. I militari della Direzione Marittima hanno raccolto la sua testimonianza che, dal primo pomeriggio, è agli atti del fascicolo del procuratore.
Questa mattina al porto di Golfo Aranci non si parlava d’altro. Pietro Langiu, padre di Mario, ha detto chiaramente di temere per le sorti di Mandi, questo il nome del marinaio disperso dal momento dell’impatto con il traghetto avvenuto all’incirca alle 23:15 di ieri sera. Pietro ha paura che il 41enne non ce l’abbia fatta e con il calare delle tenebre le possibilità che Mandi sopravviva si affievoliscono inesorabilmente. Amato da tutta la famiglia, proprio qualche giorno fa gli aveva confessato di trovarsi così bene con i Langiu da voler restare con loro per sempre.
Pietro ha riferito che il figlio è caduto in mare dopo l’urto violentissimo tra la sua barca e la prua della nave. Una volta riemerso si sarebbe aggrappato a un pezzo di scafo per stare a galla.
Pochi istanti, il tempo di vedere sfilare l’impressionante murata d’acciaio del traghetto davanti a sé. Avrebbe visto una nave bianca con la grande balena della Moby e poi il buio. Nel racconto fatto al padre, Mario Langiu parla del silenzio in balia delle onde e poi, il rumore del miracolo: l’emersione della zattera che si sfila dal pezzo dell’imbarcazione colata a picco e galleggia a pochi metri da lui.
Una volta sulla piccola scialuppa gonfiabile con i remi e le altre dotazioni di sicurezza, lancia il razzo di segnalazione. Prova a lanciarne altri ma sono imbevuti d’acqua e non partono. Uno soltanto è sufficiente perché in lontananza vede avanzare la luce verde e rossa di una barca a vela. Mario sale a bordo. È definitivamente salvo. Probabilmente è da qui che riesce a informare il padre di quanto è successo perché Pietro Langiu con il suo Cecilia e altri pescherecci salpano dal Lazzaretto di Golfo Aranci e puntano verso il tratto di mare indicato dal figlio.
Mentre Mario viene trasbordato su una delle motovedette della Guardia Costiera di Olbia giunta sul luogo del sinistro, le altre imbarcazioni della Capitaneria e quelle private dei pescatori golfarancini cominciano le ricerche del marinaio senegalese, purtroppo risultate vane fino a ora.
Nel frattempo, come si vede nelle tracciature pubbliche della navigazione, la nave Sharden diretta a Livorno inverte la rotta. I passeggeri vengono informati con un messaggio poco chiaro riferito a una fantomatica imbarcazione “che segue il traghetto”. Intorno a mezzanotte e dieci minuti la nave rimette la prua verso Olbia. Non è chiaro perchè va così avanti dopo l’impatto né perché ad avvisare la Capitaneria di Olbia, come è scritto nel primo comunicato della Direzione Marittima, è una passeggera. Circa due ore dopo, la Sharden riprende la navigazione per Livorno (arriverà intorno alle 10:00). Tutto materiale al vaglio del procuratore Capasso chiamato a ricostruire l’esatta dinamica di quanto accaduto.