Ci ha lasciato Veneranda Pileri Azara, scomparsa a causa di una lunga e inesorabile malattia. Veneranda, olbiese di nascita e di cuore, aveva 87 anni. Madre di tre figli, era rimasta vedova di Pasqualino nel 2021. L’avevo intervistata nel 2003 perché custodiva con commozione e dolore il ricordo del padre, Giovanni Pileri, vittima del tragico bombardamento che colpì Olbia nel maggio del 1943. La sua testimonianza restituisce un vivido ritratto di quei giorni drammatici e di un legame familiare che non si è mai spezzato.
“Babbo e mamma ci hanno portato a Su Canale per cercare rifugio – raccontava Veneranda nel 2003 -. Babbo non si sentiva tranquillo a lasciarci a Olbia, così aveva trovato una casetta per noi. Eravamo tre figli: mia sorella aveva tredici anni, mio fratello dodici e io ancora non avevo sei anni”.
Nonostante la minaccia incombente, Giovanni Pileri, lavoratore portuale e ormeggiatore, continuò a svolgere il proprio dovere in città. “Il bombardamento era già nell’aria, ma babbo, dopo aver sentito il radiogiornale, era andato a lavorare insieme a mio zio. Durante l’allarme che risuonava per le vie, fece in tempo ad avvertirlo, e lui riuscì a scappare, anche se fu ferito a una gamba. Babbo, invece, insieme ad altri colleghi, si rifugiò nel portico del municipio”. Le bombe degli aerei americani centrarono in pieno l’edificio, e i portuali, che avevano cercato riparo, morirono sotto le macerie.
Veneranda aveva raccontato che quei padri di famiglia rimasero sepolti sotto le macerie del comune per tre interminabili anni, ignorati da tutti. Nessuno si era occupato di recuperarli. Questo abbandono, in una città devastata dalla guerra, negò ai familiari non solo la certezza della loro sorte, ma anche il diritto di onorarli con una sepoltura dignitosa e un ultimo saluto. Per le mogli e i figli di quei giovani uomini fu una tragedia doppia: sapevano, nel profondo, che i loro cari giacevano sotto il municipio distrutto, ma per tutto quel tempo furono costretti a vivere in un limbo di incertezza e dolore.
Le settimane seguenti al bombardamento furono un susseguirsi di disperazione e speranza per la famiglia Pileri. “Mamma, tutte le settimane, mi prendeva per mano, raccoglieva dei fiori e li portava al cimitero. Anche se babbo non c’era, li deponeva sulla croce del milite ignoto. Solo dopo tre anni trovarono il corpo di mio padre e dei colleghi sotto le macerie del municipio”.
Il ritrovamento del corpo di Giovanni Pileri fu segnato da un momento straziante. Il fratello di Veneranda, all’epoca appena dodicenne, ne era convinto: “Mio fratello aveva sempre questo pensiero fisso che babbo fosse lì sotto. Quando gli dissero che stavano trovando dei corpi, corse dagli operai e si piazzò davanti a loro. ‘Fermatevi, qui c’è il mio babbo!’ gridò, riconoscendo subito gli oggetti che papà portava in tasca: il portasigarette, la chiave di casa, il coltello da lavoro.
Tra i corpi ritrovati, raccontava Veneranda, c’era anche quello di una bambina non reclamata da nessuno. “Si pensava fosse scappata dalla famiglia e che i portuali avessero tentato di salvarla portandola con loro nel comune. Purtroppo, la bomba lo colpì e morirono tutti insieme”.
I funerali di Giovanni Pileri e delle altre vittime furono un evento che segnò profondamente la comunità. “Ricordo un caldo soffocante e una folla immensa. Monsignor Cimino officiò il funerale e accompagnò il corteo fino al cimitero, un fatto eccezionale per l’epoca. La compagnia Corridoni si occupò di tutte le spese, facendo incidere sulla tomba una frase che non dimenticherò mai: ‘Noti e ignoti, vittime di un tragico destino, caddero nell’adempimento del dovere, accomunati nella luce del martirio”.
Anche a distanza di tanti anni, Veneranda non ha mai smesso di mantenere vivo il ricordo del padre e di quelle vittime innocenti. “Ancora oggi ci sono i nostri padri e, con loro, il nostro ricordo”.
I funerali di Veneranda Isoni avranno luogo giovedì 23 gennaio alle ore 11,00 nella Basilica di San Simplicio in Olbia con partenza da via Leoncavallo, 36.